A Ceprano, il 13 marzo 1994, avvenne la scoperta dei resti ossei dell’Homo Cepranensis, così denominato perché la sua scoperta avvenne in una zona del paese, Campo Grande, lungo la basse valle del fiume Sacco.
Il ritrovamento e la scoperta dei resti dell’Homo Cepranensis (Uomo di Ceprano) è dovuta a un archeologo preistorico, Italo Biddittu, oggi direttore del Museo Preistorico di Pofi. La domenica del 13 marzo 1994, durante una camminata fatta per perlustrare il tracciato di una strada, fece un importante ritrovamento dal punto di vista archeologico.
Italo Biddittu raccolse un frammento di osso piatto poggiato sul terreno, lo inserì in una busta e poi trovò decine e decine di frammenti, fra cui un’enorme arcata orbitaria di un cranio di origini antichissime. In seguito vi fu un lungo lavoro di setacciatura del terreno e di analisi stratigrafiche coordinate da equipe di alto livello.
Questo gruppo di lavoro, formato da personale dell’Is.I.P.U, dal geologo Aldo Segre e dalla paleontologa Eugenia Segre Naldini, dapprima, notificò la nuova scoperta alla Soprintendenza Archeologica del Lazio; poi, per poter studiare al meglio il nuovo fossile, iniziò un lavoro di ricostruzione. Unirono i cinquanta i frammenti ritrovati da Italo Biddittu.
La scoperta e il ritrovamento dell’Homo Cepranensis di Ceprano è stata molto importante, soprattutto, per la sua morfologia. Si pensa che faccia parte di una specie di un anello mancante. Un elemento importantissimo che potrebbe finalmente riuscire a spiegare l’origine della divergenza fra la linea evolutiva che porterà all’affermazione, in Europa, dell’Uomo di Neanderthal e quella, sviluppatasi in Africa, che avrebbe portato alla comparsa e alla diffusione della nostra specie.
L’Homo Cepranensis, o Uomo di Ceprano, ritrovato e scoperto il 13 marzo 1994, può essere considerato come il primo rappresentante adulto degli uomini che hanno popolato il nostro continente, anche se sulle sue origini vi è ancora un alone di mistero.