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Frosinone, Colleferro e Valle del Sacco: il problema inquinamento finisce su Rai Uno (VIDEO)

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Avvio monitoraggio acque del Fiume Sacco per uso domestico

Un triste primato caratterizza la zona di Frosinone e i paesi limitrofi, spostandosi fino a sud della provincia di Roma e abbracciando Colleferro. In testa alla classifica delle città più inquinate c’è infatti il capoluogo ciociaro, che solo nel 2015 ha sforato per ben 115 volte il limite nell’aria di polveri sottili, con una direttiva europea che, di contro, ha fissato a 35 il limite massimo di sforamenti consentiti.

Un interessante servizio di TV7, programma di informazione televisiva in onda su Rai 1, ha preso in esame il problema nella puntata dello scorso 26 febbraio, evidenziando oltretutto come la cittadinanza cominci ad essere preoccupata da una situazione talmente critica da raggiungere una cassa di risonanza nazionale.

“Gli abitanti di Frosinone non hanno ancora la percezione del pericolo, perché l’inquinamento c’è ma non si vede”, dichiara una cittadina davanti ai microfoni.

“C’è la diossina ad Anagni e ci sono le discariche piene di metalli pesanti. Insomma il problema non riguarda solo l’aria, ma anche la terra e l’acqua”, fanno eco altri passanti.

Il problema è talmente radicato da essere diventato ormai oggetto di sgradevoli luoghi comuni. “A Roma ci conoscono – dichiara una ragazza – e nei policlinici ci dicono che da noi sembra abbiano buttato la bomba atomica“.

Per Francesco Raffa di Legambiente Frosinone, i continui sforamenti di PM10 hanno sollevato la coscienza civica, con la gente che adesso ha la percezione reale del problema. “Negli ultimi 5-6 mesi la consapevolezza generale è cresciuta in maniera esponenziale – spiega – anche perché sono scesi in campo diversi medici per far capire che la correlazione tra salute e inquinamento non è una supposizione degli ambientalisti, bensì le malattie arrivano per davvero”.

Basta un dato per fotografare con chiarezza la situazione: in zona le patologie respiratorie sono aumentate del 30% solo nell’ultimo periodo e la resistenza alle comuni terapie è maggiore, con le conseguenti difficoltà per trovare nuove cure.

“Abbiamo un squadra che gioca in serie A e vorremmo che portasse in alto l’onore della nostra città, ma finiamo sulle prime pagine sempre e solo per fatti negativi”, dichiara sconsolato un altro passante.

Le ultime manovre per abbassare il livello di PM10, con il varo delle targhe alterne in primis, hanno creato solamente delle soluzioni temporanee, visto che dopo qualche giorno di “digiuno” l’inquinamento torna ad essere tale e quale a prima.

Non solo smog, ad ogni modo: i veleni che mettono a rischio la salute delle persone si trovano anche sotto terra e dentro l’acqua, trascinati dalle montagne di rifiuti tossici che per anni sono stati seppelliti senza soluzione di continuità per tutta la Valle, finendo dentro il letto del fiume Sacco che li ha trascinati per chilometri e li ha fatti tornare nei campi dopo le piene.

“In principio ci fu il caso del latte al lindano vicino a Colleferro – ricorda il giornalista e scrittore Carlo Ruggiero -, per colpa di uno scarto di produzione del ddt che si trova tuttora nel letto del fiume e nel sangue delle persone che fanno parte di questa comunità”.

“I risultati di un’indagine preliminare ci hanno confermato che, tra 246 persone prese a campione per un esame, ben 137 sono state contaminate dall’effetto di questo latte“, sostiene Alberto Valleriani della Rete per la Tutela della Valle del Sacco. Un problema che ancora oggi suscita enorme attenzione e del quale se ne studiano gli effetti, perché non era mai successo in maniera cosi vasta.

“Nel 2005 – aggiunge Carlo Ruggiero – intervistai una signora alla quale erano morte le vacche dopo aver bevuto l’acqua di questo fiume. Si è trattato del primo, vero evento clamoroso che ha portato alla ribalta la situazione della Valle del Sacco”,

Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Ambientale Europea, l’Italia ha il primato di morti per le PM 2,5 le frazioni di particolato ultrafine, ma nonostante il quadro inquietante, composto da industriali “distratti”, inquinamento, caldaie e ciminiere che funzionano a pieno ritmo, per il proprietario dello stabilimento Marangoni di Anagni il problema – paradossalmente – sarebbe da ricercare anche nella composizione geografica dell’area del Sacco, con le montagne che “chiudono” ad ogni possibile ricambio d’aria esterno.

“L’inquinamento atmosferico nella nostra zona non c’è più, perché non ci sono le fabbriche – dichiara -. La valle è chiusa, se eliminiamo un pezzo di montagna e facciamo l’apertura verso il mare, vedrete che il problema non ci sarà più”.

Di seguito il video andato in onda.