Questa è la fotografia dell’Italia nell’ ultimo rapporto dell’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT) su matrimoni, separazioni e divorzi in Italia, relativi al 2015.
I NUMERI RIGUARDANTI L’INSTABILITA’ CONIUGALE
I dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative, la legge n. 132/2014, entrata in vigore alla fine del 2014, e la Legge sul “divorzio breve”, entrata in vigore a metà 2015. In particolare l’introduzione del “divorzio breve” fa registrare un consistente aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014).
Aumentano le separazioni, toccando quota 91.706 (+ 2,7% rispetto al 2014) e diminuiscono le procedure giudiziarie consensuali (oltre 17.000 in meno nel 2015 rispetto al 2014).
Aumentano le separazioni giudiziali, (16.323 contro le 14.118 dell’anno 2014), diminuiscono i divorzi consensuali (35.410 rispetto ai 39.730 del 2014) e aumentano quelli giudiziali (20.019 contro i 12.625 dell’anno precedente).
In termini relativi, rispetto ai provvedimenti emessi dai Tribunali nel 2015, il peso delle consensuali sul totale diminuisce di oltre sei punti percentuali (da 84,2 a 78,0%) nel caso delle separazioni e di ben 12 punti (da 75,9 a 63,9%) nel caso dei divorzi.
Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% di tutte le separazioni con affido.
L’8,9% dei figli è affidato esclusivamente alla madre, dato che aumenta del 0,9% rispetto all’anno precedente e che tocca il massimo storico negli ultimi 5 anni (nel 2010 era 9,0%).
Poco più della metà delle separazioni (54,0%) e il 39,1% dei divorzi del 2015 riguardano matrimoni con almeno un figlio minore di 18 anni. Nel 2015 su nr. 1000 matrimoni 339,8 si separa e 297,3 divorzia.
La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. L’affidamento dei minori a terzi interessa meno dell’1% dei bambini.
IL BILANCIO FALLIMENTARE DELLA LEGGE 54/2006 (AFFIDO CONDIVISO)
A distanza di dieci anni dall’entrata in vigore della Legge sull’affido condiviso si evince che, ad eccezione della drastica diminuzione della proporzione di figli minori affidati in modo esclusivo alle madri, tutti gli altri indicatori non hanno subito modificazioni di rilievo.
In altri termini, al di là dell’assegnazione formale dell’affido condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalità ai giudici la legge non ha trovato effettiva applicazione.
La quota di separazioni in cui la casa coniugale è assegnata alla moglie sale al 60%, percentuale che registra addirittura un aumento del 2,6 % rispetto al 2005 quando ancora non era in vigore la legge sul condiviso. Quota che raggiunge il 69% per le madri con almeno un figlio minorenne.
Per quanto riguarda le disposizioni economiche, infine, non vi è nessuna evidenza che i magistrati abbiano disposto il mantenimento diretto per capitoli di spesa, a scapito dell’assegno. Si mantiene, infatti, stabile nel decennio la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre (94% del totale delle separazioni con assegno nel 2015). L’ammontare medio dell’assegno per il mantenimento dei figli ammonta a 485,43 euro.
Le separazioni in cui vengono cumulati gli assegni al coniuge con quelli ai figli sono il 10,5% del totale, questa proporzione raddoppia se si considerano le separazioni con figli minori (21,3% del totale delle separazioni con figli minori).
La quota di separazioni con assegno per coniuge e figli è più alta nel Sud e nelle Isole (rispettivamente 29% e 23,5% delle separazioni con figli minori), mentre nel Nord si assesta quasi al 18%. Quando ad essere corrisposto è solo il contributo economico al coniuge (e non anche ai figli) la quota scende all’10% .