“Sono al centro delle città, a Vienna e a Stoccolma”. Parole di Angelo Miele, ex Sindaco di Valmontone che, durante la lunga intervista rilasciata a Casilina News, ribadisce l’importanza di gestire i rifiuti attraverso gli inceneritori, citando il modello nordeuropeo.
Affermazioni che non stupiscono, e forse neanche entusiasmano, dato che a pronunciarle è un sostenitore dell’economia della monnezza, delle discariche e del business dello smaltimento. Una visione politica anni ’90 che ha saputo soltanto generare problemi sociali e ambientali. Le criticità della Valle del Sacco sono legate indissolubilmente a questo paradigma di sviluppo basato sullo sfruttamento del territorio e sulla svendita dell’ambiente, della salute e dei diritti dei cittadini.
Un modus operandi che ha soltanto il merito di aver contribuito a creare emergenze, illeciti e crisi lavorative. Questa combinazione di criticità ha generato un elevato malessere sociale che è stato intercettato dalla società civile, unica ad aver reagito negli anni a sopraffazioni e al saccheggio del territorio. Una società civile molto matura che, soprattutto sulle questioni ambientali, ha fatto germogliare una coscienza sociale su tematiche di fondamentale importanza come la qualità della vita e la tutela del territorio.
La dimostrazione arriva dalle mobilitazioni popolari degli ultimi cinque/sei anni che hanno portato in strada migliaia di persone: basti pensare alla manifestazione dello scorso 8 luglio contro gli inceneritori di Colleferro dove hanno partecipato più di cinquemila persone.
RIFIUTIAMOLI non è solo uno slogan degli ambientalisti ma rappresenta un’espressione di alto spessore politico proveniente dal basso. RIFIUTIAMOLI segnala un fatto: gli argomenti delle associazioni sono stati capiti dalla popolazione. I cittadini sono maggiormente consapevoli dei rischi dovuti agli impatti degli inceneritori di Colleferro.
Consapevolezza che non riesce a sfiorare personalità politiche come Angelo Miele visto che restano ancorate alle loro cieche convinzioni elaborate venti anni fa.
Il Sindaco di Valmontone, si è mostrato ottimista in merito alla possibilità e alla brevità dei tempi necessari a cambiare la destinazione da area agricola ad area industriale al fine di renderla idonea per la rilocalizzazione dei termovalorizzatori.
Questa frase è contenuta in una relazione tecnica del 19 marzo 2001: qualche mese prima della costruzione delle due ciminiere a Colle Sughero, un gruppo operativo, formato da Ministero dell’ambiente, sindaci della zona, provincia di Roma e dalle imprese interessate, istituì un tavolo di consultazione per cercare luoghi alternativi al quartiere Scalo dove poter innalzare le due ciminiere.
Valmontone si candidò immediatamente a ospitare gli impianti indicando come zona l’area di Valle Gaia.
Ci fu una corsa alle candidature per aggiudicarsi gli inceneritori perché all’epoca, l’arrivo delle sovvenzioni e il sostegno pubblico per queste tipologie d’impianti, facevano gola a molti amministratori.
Come è andata a finire lo sanno tutti: problemi strutturali, inquinamento, traffico illecito di rifiuti e rapporti epidemiologici che accusano gli impianti di aver aumentato il numero di ricoveri ospedalieri per patologie molto gravi legate all’apparato respiratorio. Nonostante questo, per le menti politiche come quelle di Angelo Miele la risposta restano gli inceneritori e il modello di Vienna, Copenaghen e Stoccolma.
Questa cieca convinzione non tiene conto della crisi del sistema nord europeo. I paesi scandinavi stanno cercando di dismettere gli impianti di incenerimento per potenziare ulteriormente la riduzione dei rifiuti.
Quella degli inceneritori è stata una strada sbagliata. A dirlo è stata Ida Auken, ex ministro dell’ambiente danese. La Danimarca infatti ha dovuto affrontare un crisi sistemica. Secondo Eurostat, la produzione di rifiuti urbani della Danimarca pro capite è la più alta in Europa: 747 kg a persona nel 2013 (rispetto a una media europea di 481 kg). Circa il 60%per cento di questi rifiuti domestici, inclusi i rifiuti organici ad alta potenzialità calorifica, vengono inviati direttamente all’inceneritore più vicino. Questa dipendenza ha causato l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi europei di riciclo e recupero di materia. Con i suoi 26 inceneritori, il sistema danese dimostra quanto, al di là dell’impiantistica avanzata e di ultima generazione, skyline e piste da sci sulle ciminiere, l’incenerimento dei rifiuti resti una pratica insostenibile, poco redditizia e messa in profonda crisi dagli obiettivi della strategia sulla Economia Circolare, attualmente in discussione a livello europeo. I paesi nord europei hanno capito che bruciare i rifiuti anziché recuperare materia è poco vantaggioso dal punto di vista economica e rischioso per la salute pubblica.
Chi invece sedeva durante le riunioni di quella commissione tecnica, purtroppo non si è aggiornato.
Le risposte di Miele contenute nell’intervista confermano le miopie politiche di una classe dirigente che nel tempo non ha saputo – in molti casi voluto – cambiare rotta. Le proposte di Angelo Miele sono un funesto retaggio di un passato politico in cui le agende politiche non avevano spazio per la tutela della salute e del territorio.