Riceviamo e pubblichiamo un comunicato trasmesso dalle associazioni ambientaliste della campagna “Rifiutiamoli” sull’incontro propedeutico alla manifestazione del 9 aprile avvenuto sabato scorso a Colleferro
“Sabato 2 aprile scorso si è svolto, presso la Sala Aldo Ripari in Via degli Esplosivi a Colleferro, l’incontro pubblico dal titolo “Ambiente, Inquinamento, Salute: non c’è più tempo da perdere”, con la dott.ssa Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro del Comitato Scientifico dell’Isde (Medici per l’Ambiente Italia) e la dott.ssa Rosanna Palazzi, Pediatra di base della ASL Roma G.
L’evento era collegato alla prossima manifestazione del 9 aprile contro l’ammodernamento degli inceneritori di Colleferro.
La manifestazione ha di mira la decisione della Regione Lazio che, con una recente Delibera, ha deciso di prolungare l’estensione dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) di questi ecomostri per i prossimi anni.
Nel suo prezioso intervento la dott.ssa Rosanna Palazzi, unico medico locale presente in sala, nonostante l’invito esteso a tutti i medici di base, ha fatto il punto sulla drammatica situazione sanitaria della valle, è partita dalla problematica della realtà orografica della stessa, ha ripercorso il vissuto industriale di Colleferro, causa dell’avvelenamento del fiume Sacco e delle falde acquifere, terminando con una panoramica sui risultati degli studi epidemiologici (studio Eras, Sentieri, ecc) sul nostro SIN (Sito di Interesse Nazionale).
L’intervento della dott.ssa Gentilini ha messo in evidenza l’importanza dell’ambiente sulla salute dell’uomo e la necessità di nuovi approcci precauzionali per la salvaguardarla, soprattutto nei bambini. Attraverso studi internazionali, ha inteso dimostrare come l’infanzia di oggi sia seriamente danneggiata da centinaia di sostanze tossiche che, inalate e ingerite, stanno provocando ciò che ha definito una transizione epidemiologica, l’aumento cioè di patologie degenerative che stanno riducendo di fatto la speranza di vita di un bambino anche di 10 anni.
Si calcola che il 33% delle malattie infantili siano derivate da fattori ambientali modificabili.
Occorre rilevare per contro che i limiti di legge per la tossicità dei veleni vengono sempre stabiliti su un organismo adulto e che paradossalmente le Istituzioni sono sempre pronte a trovare un compromesso perché non siano le industrie a pagare il prezzo più alto. L’Italia, in base alle statistiche, risulta essere il Paese più malato rispetto all’Europa e agli USA, oltre a vantare il più alto indice di corruzione.
La stima nel 2015 di malati di cancro è di 1 uomo su 2 e 1 donna su 3 con un’incidenza di cancro per i bambini del +2% contro l’1,1% dell’Europa e lo 0,6% degli USA. La stima per la fascia d’età 0/12 mesi è di un +3,2%.
Nelle zone più esposte a rischio inquinamento sono state trovate più di 300 sostanze chimiche nel cordone ombelicale come pesticidi, solventi, metalli pesanti, diossine, ecc., sostanze che danneggiano il cervello in via di sviluppo nel periodo prenatale causando la diminuzione del quoziente intellettivo, l’autismo e altre malattie degenerative.
L’Italia inoltre detiene il record europeo per morti ambientali per patologie legate al particolato prodotto dalle combustioni. Il particolato ultrafine (PM 10 e 2,5) penetra nei polmoni e apre a malattie anche neurologiche oltre che respiratorie, diabete, abortività e prematurità. Gli studi degli effetti sulla salute delle popolazioni che vivono vicino agli inceneritori hanno ampiamente dimostrato un incremento della mortalità soprattutto per cause respiratorie e cardiache e di cancro ai polmoni sul lungo periodo; nelle mamme un aumento della prematurità fino al 75%, dell’abortivita’ spontanea fino al 30%; danni al cervello in via di sviluppo, un aumento sensibile dell’autismo, deficit cognitivi e disturbi comportamentali.
Questi dati, incontrovertibili, sono un preciso atto di accusa che dovrebbero orientare le scelte della politica nella direzione opposta. Invece, se nel 1994 un DM definiva gli “Inceneritori come industrie insalubri di classe I”, nel 2015 l’art.35 della Legge definita “Sblocca Italia” li definisce come “Insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente“.
La valle del Sacco come la terra dei fuochi?
Una domanda che spesso ci rivolgono e la risposta non è semplice; di certo si può dire che ci sono similitudini come con altri luoghi in Italia, vedi Taranto, Brescia e Bussi, in cui lo sviluppo industriale e la pratica indiscriminata del sotterramento di rifiuti ha evidenziato nel tempo ripercussioni sanitarie sulla popolazione. Tra i luoghi citati – i più menzionati sulle cronache nazionali – esiste una relazione certa; chi ci vive ha più possibilità di contrarre tumori rispetto ad altri, di natura differente a seconda del contaminante sprigionato dalle attività industriali insistenti sia nel passato che nel presente. L’epidemiologia è una scienza dalle relazioni complesse: raccoglie ed organizza dati incontrovertibili che misurano l’impatto nei territori delle diverse patologie; permette di rilevare correlazioni tra patologie e determinati fattori di rischio presenti nell’ambiente, indirizzando la ricerca a scoprire gli effetti che gli inquinanti hanno sulla salute umana.
La storia dei siti inquinati ci racconta delle straordinarie resistenze opposte alla ricerca di queste catene causali, nonostante la relazioni tra inquinanti e patologie, spesso mortali, fosse stata evidenziata in modo incontrovertibile.
Siamo andati a fare un resoconto epidemiologico per la valle del Sacco riprendendo tutti gli studi finora effettuati e il risultato è estremamente allarmante. Le ricerche sono ben 8 e si sviluppano lungo tutto il corso del fiume, alcune di carattere generale a livello di area vasta, altre specifiche, localizzate su alcuni Comuni.
I risultati del primo studio risalgono al 2006, un anno dopo l’istituzione del SIN. Le aree interessate erano circoscritte nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano e i risultati fornirono già allora una fotografia realistica di cosa stava subendo la popolazione. Tumori, ospedalizzazioni, ricoveri con numeri elevati superiori alla media regionale, solo per citarne alcuni.
In seguito lo studio iniziale è stato ampliato con quello sul betaesaclorocicloesano e successivamente con studi estrapolati sullo stato di salute della popolazione di Anagni e Ceccano, e quello specifico sui tumori infantili. Lo studio ERAS è uno studio a sè stante.
Tornando all’analisi della dott.ssa Gentilini ci preme sottolineare la situazione delle ospedalizzazioni riguardo alle fasce di età 0/14 anni e 15/19anni, che riprende lo studio sui tumori infantili e ne mette in risalto le criticità descritte.
Per i 0/14 anni si evidenziano eccessi di ricoveri di un +40% (maschi e femmine) per tutte le cause rispetto alla regione Lazio per l’area 1, per intenderci, Colleferro-Segni-Gavignano, e del +18% (maschi) e +26% (femmine) per l’area 2 su Anagni-Sgurgola-Morolo-Paliano-Supino-Ferentino.
I dati ancor più gravi nello studio del DEP Lazio del novembre del 2011 sono il +281% (femmine) per il tumore all’encefalo e il +174% (maschi) per i tumori maligni del tessuto linfatico ed ematopoietico. Per i 15/19 anni l’incidenza è maggiore nell’area 2 con un +172% (maschi) per i tumori maligni, un +756% (maschi) per il tumore all’encefalo, e un +15% (femmine) per tutte le cause. Il tutto con un cluster concentrato nell’area di Anagni.
I dati illustrano una realtà che tutti noi conosciamo per esperienza diretta. Una realtà che richiede una adeguata struttura di assistenza sanitaria indispensabile per un’opera di prevenzione, per individuare e curare le diverse patologie, che ci accompagni dalla nascita alla vecchiaia.
Chiediamo che all’ospedale di Colleferro -ultimo presidio sanitario anche per l’alta Ciociaria, dove tutte le strutture esistenti sono state chiuse- siano destinate le risorse necessarie, provvedendo alla riapertura dei reparti smobilitati o in via di chiusura. Tuttavia il servizio sanitario non deve essere la somma di strutture, ma un sistema articolato nelle sue diverse funzioni e diffuso sul territorio. Tutte le decisione che hanno portato alla chiusura delle strutture sanitarie devono essere riviste e deve essere ridefinita la distribuzione dei servizi sul territorio.
Una battaglia molto difficile ma che deve essere combattuta poiché, dopo i disastri delle passate gestioni, ci scontriamo con scelte strategiche di spesa pubblica ed investimenti a dir poco discutibili: mentre la regione Lazio taglia l’assistenza sanitaria contemporaneamente prevede di investire decine di milioni di euro in nuovi inceneritori di cui il territorio non ha bisogno!”