Attualità

Il rugby come strumento d’integrazione: la storia di Mamadi, il migrante innamorato della palla ovale e del Colleferro Rugby

Condividi su Facebook Condividi su Whatsapp Condividi su Telegram Condividi su Twitter Condividi su Email Condividi su Linkedin
Le nazionali favorite del Sei Nazioni di rugby 2021

Un destino comune a tante persone che hanno deciso di muoversi dall’Africa subsahariana e trovare fortuna in Europa. Non fa eccezione Mamadi, 20 anni appena e una speranza mai sopita di un futuro migliore, che ha preso la rotta per il vecchio continente con l’intenzione di trovare una sua dimensione nella nuova realtà.

Si parla tanto d’integrazione ai giorni d’oggi e il destino ha offerto una possibilità a questo giovane ragazzo. Un destino che la la forma di una palla ovale e i colori rosso e nero, proprio quelli del Colleferro Rugby, formazione con la quale Mamadi ha esordito a settembre in prima squadra coronando quello che era diventato il suo sogno.

Riavvolgiamo parzialmente il nastro: il legame tra Mamadi e Colleferro è nato grazie allo sviluppo del progetto Prima Mela, che si occupa di creare strumenti di integrazione per chi arriva in Italia e vuole dimostrare di integrarsi nel tessuto sociale. Il rugby è stato il volano in grado di generare questo legame.

Un piccolo record per Colleferro, perché è la prima volta che il progetto di inclusione sociale dei migranti passa attraverso la palla ovale, prendendo il posto del calcio. Mamadi è ancora in attesa del permesso di soggiorno, ma nel frattempo si allena (e gioca) regolarmente con la sua nuova squadra del cuore, non saltando neppure un allenamento.

 

Il responsabile del progetto Giovanni Malagnino ha spiegato al portale online Vanity Fair i dettagli del progetto: «La scelta del rugby – spiega  – è dettata dal paese di appartenenza, Colleferro, dove è molto praticato e seguito. È uno sport noto per il terzo tempo, dove le squadre si ritrovano insieme per condividere il dopo-partita, accentuando il valore della sportività e dell’amicizia». Mamadi è stato selezionato nel centro di accoglienza, dove in un primo momento era stato chiesto a tutti chi poteva essere interessato. Lui ha risposto di si. «Documenti? Nessuno. Lui ha fatto ricorso perché non era stata accolta la sua prima richiesta. Con questo lui può state nel centro e fare lo sport. Non perde un allenamento, ci va 3 volte a settimana e questo lo aiuterà a dimostrare la sua integrazione».

Quello iniziato come un allenamento sportivo è diventato quasi un mestiere visto che ora è inserito nella squadra ufficiale. «In altre regioni è successo per il calcio e altri sport. Noi siamo i primi nel rugby».