Con il licenziamento dell’amministratore delegato della Cesare Fiorucci SPA torna prepotentemente d’attualità la questione che vide coinvolti numerosi operai dello stabilimento di Pomezia di un accordo sindacale nel quale erano stati richiesti ingenti sacrifici ai lavoratori. Rinunce che, a quanto pare, non sono servite ad alleggerire il debito aziendale, che anzi nell’ultimo bilancio ha fatto registrare ulteriori nuove perdite causando la drastica decisione della proprietà.
“Avevamo ragione noi comunisti: alla “Cesare Fiorucci SPA” i conti non tornano – si legge nel comunicato -. Visti i risultati disastrosi della gestione degli ultimi 5 anni, come Partito Comunista avevamo chiesto alla multinazionale spagnola di chiedere conto al managment di incapaci della Fiorucci in merito ai risultati fallimentari raggiunti, licenziando l’Amministratore Delegato ex-Parmalat.
In particolare, avevamo scritto: «Il Partito Comunista dei Castelli Romani chiede le dimissioni del managment aziendale, che è stato capace solo di distruggere in pochi anni una delle realtà produttive più importanti ed efficienti dell’Italia e del Lazio, la “Cesare Fiorucci SPA”, riducendo gli investimenti e, di conseguenza, la produzione». Al momento solo l’Amministratore delegato della Fiorucci è stato licenziato, ma il Partito Comunista esige che tutto il managment aziendale che è stato complice di questo gigantesco disastro economico sia cacciato dall’azienda.
Dopo i nostri articoli, ad inizio dell’anno l’Amministratore Delegato e il Direttore del Personale della “Cesare Fiorucci SPA” erano stati chiamati a rapporto in Spagna dalla multinazionale proprietaria della società. Come i lavoratori, anche la società multinazionale non si fidava più del managment della Fiorucci e, di conseguenza, inviò nel mese di marzo una trentina di ispettori spagnoli e messicani nella sede di Pomezia a controllare tutto (le giacenze di magazzino, le quantità di merci acquistate e i pesi dei prodotti lavorati).
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la pubblicazione del bilancio 2016, dove è emersa una perdita gigantesca di 7,5 milioni di euro (che si aggiungono ai 200 milioni di euro del quinquennio precedente). “Curioso” e “stranissimo” il bilancio 2016 della Fiorucci: aumentano gli acquisti di materie prime ma diminuiscono le vendite, scende pesantemente il salario dei lavoratori ma aumentano comunque le perdite.
I sacrifici imposti ai lavoratori non sono serviti a nulla e l’azienda ha continuato allegramente a sperperare risorse e a produrre enormi perdite. Finalmente l’Amministratore Delegato ex-Parmalat è stato licenziato dagli spagnoli “perché è venuto a mancare il rapporto fiduciario con l’azienda”.
La società “Cesare Fiorucci SPA” è dentro un gioco di scatole cinesi: è posseduta dalla società spagnola “Campofrio Food Group, sociedad anonima”, a sua volta posseduta dalla società spagnola “Sigma Alimentos Exterior Slu”, che a sua volta è posseduta dalla società “Sigma Alimentos S.A. DE C.V.” con sede in Messico, a sua volta posseduta dalla “Alfa S.A.B DE C.V.” con sede in Messico, a sua volta posseduta dalla società “Familia Garza Sada…” con sede misteriosa. Negli ultimi 10 anni gli investimenti della società “Cesare Fiorucci SPA” sono crollati (in particolare le immobilizzazioni immateriali per marchi, concessioni, brevetti, ecc. sono passate da 170 milioni di euro a 46 milioni di euro). Al crollo degli investimenti è seguita una conseguente rilevante contrazione delle vendite, che sono scese da 304 milioni di euro a 197 milioni di euro.
Questa pianificata operazione di smantellamento ed impoverimento della società (la metà dei reparti della sede di Pomezia oggi sono chiusi) ha prodotto perdite imponenti per 195 milioni di euro solo negli ultimi 5 anni, che vengono riciclate nel gioco delle scatole cinesi del gruppo multinazionale spagnolo/messicano.
Tutte le movimentazioni infragruppo sono assolutamente non chiare (come i milioni di euro di interessi passivi verso le società controllanti) e possono essere collegate a fenomeni di eluzione e di evasione fiscale.
A gestire queste discutibili operazioni finanziarie, la “Cesare Fiorucci SPA” aveva ingaggiato un Amministratore delegato con un’esperienza consolidata nella Parmalat.
L’Amministratore delegato ex-Parmalat ha imposto ed ottenuto un accordo indecente firmato dai sindacati collaborazionisti: cancellazione di tutti gli accordi integrativi (navette di trasporto, generi alimentari in natura, premi di produzione, ecc.), esternalizzazione di 15 posti di lavoro alle cooperative esterne (6 magazzinieri, 3 addetti al depuratore, 4 alle bilancette, 1 alla movimentazione dei wurstel, 1 mulettista ai salami) e trasformazione dei classici premi di produttività e partecipazione nel cosiddetto “welfare”.
Le operazioni fallimentari del vecchio Amministratore Delegato le hanno pagate solo i lavoratori della Fiorucci. Infatti, per i lavoratori il sacrificio è durissimo: contratti di solidarietà con pesante riduzione del salario (da 1.300 a 1.150 euro) per 21 mesi e una parte importante del salario di produttività (2.113 euro per i quadri e 1.511 euro per gli operai) trasformato in “welfare” (che non sarà retribuito in euro, ma con buoni pasto che molti esercizi commerciali non accettano, assicurazioni sanitarie che non coprono nulla, biglietti autobus per servizi pubblici inefficienti e tante altre fregature).
L’azienda ha voluto trasformare i classici premi di produttività in “welfare” perché alle prestazioni di welfare aziendale si può applicare la totale detassazione e decontribuzione.
In sintesi, l’accordo tra l’azienda e i sindacati collaborazionisti è costituito dal taglio dei diritti e del salario dei lavoratori in cambio di una marea di soldi pubblici al gruppo multinazionale spagnolo/messicano, che potrebbe configurarsi come una possibile truffa ai danni dello Stato Italiano.
Una direzione aziendale che ha prodotto 200 milioni di perdite in cinque anni, senza alcuna autorevolezza ha cercato di scaricare la sua incapacità gestionale sui diritti e sui salari dei lavoratori. I lavoratori hanno visto il loro lavoro aumentare (gli acquisti di materie prime sono aumentati di 6 milioni di euro nel 2016), ma l’azienda li ha obbligati a contratti di solidarietà per sostituirli con cooperative esterne.
E anche le cooperative esterne sono state utilizzate dalla direzione aziendale in modo clientelare per premiare sindacati e lavoratori che avevano appoggiato il “si” al referendum sull’accordo truffa. Una indegna “parentopoli” a fronte di sacrifici enormi ed inutili chiesti ai lavoratori.
Il Partito Comunista dei Castelli Romani aveva denunciato quell’accordo, in quanto dannoso per i lavoratori e completamente inutile per il futuro dell’azienda. Per ridare un futuro all’azienda il nuovo Amministratore delegato della Fiorucci deve disdire l’accordo truffa firmato dal suo fallimentare predecessore.
Il Partito Comunista dei Castelli Romani sarà sempre a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici della Fiorucci nella difesa dei posti di lavoro e dei diritti sul lavoro, denunciando gli sprechi indecenti, i vergognosi accordi truffa firmati dai sindacati collaborazionisti, le squallide parentopoli, le immorali operazioni di elusione e di evasione fiscale”.