Una fisarmonica, una cassa acustica ed un bambino per chiedere l’elemosina: questi gli “strumenti” che una giovane nomade utilizzava per il suo accattonaggio. Sono stati gli uomini della Polizia di Stato, del commissariato Trevi, a coglierla sul fatto, durante un controllo appiedato fatto all’interno della metropolitana, intorno alle 21.
Giunti a metà del corridoio che conduce ai tornelli, gli agenti hanno visto la 26enne che, suonando una fisarmonica amplificata grazie ad una cassa acustica, intratteneva i passanti servendosi di un minore, con un bicchiere in mano, per raccogliere il denaro.
Vistasi colta sul fatto, la nomade ha richiamato il bimbo facendolo nascondere dietro di lei e, alla domanda dei poliziotti su chi fosse il minore, ha dichiarato che era suo figlio di cui però non aveva i documenti.
Gli uomini in divisa hanno deciso di portare entrambi negli uffici del commissariato per fare i dovuti accertamenti ma la giovane, una volta fuori dalla stazione della metropolitana, ha iniziato ad urlare rifiutandosi di salire sulla volante ed attirando l’attenzione delle persone che passavano. Non ancora soddisfatta ha minacciato i poliziotti e ha detto qualcosa all’orecchio del bambino che ha cominciato a piangere e a strillare.
Riusciti a far salire madre e figlio in auto, hanno raggiunto il commissariato Trevi dove, poco dopo, è arrivato il marito con il passaporto del piccolo di 5 anni.
Quest’ultimo, come disposto dal Tribunale dei minori, è stato affidato al padre mentre la donna è stata denunciata in stato di libertà per i reati di accattonaggio con minore, resistenza, oltraggio e minacce a pubblico ufficiale.