Uno scontro che, alla fine, sembra proprio non ci sarà quello tra Luigi Di Maio e Matteo Renzi. Il leader pentastellato, dopo aver lanciato il guanto di sfida al collega Matteo Renzi, ha rinunciato. Ma quali sono stati gli errori di comunicazione del PD e del M5S in questa sfida? Scopriamolo insieme.
Si sa, la politica non è più – o non lo è mai stata – fatta di scontri su programmi e idee ma si riduce a immagine, carisma e comunicazione. Da questo punto di vista, Matteo Renzi ha ben pochi rivali. Se Silvio Berlusconi ancora è importante nel panorama politico attuale, lo si deve anche e soprattutto alla sua bravura nelle apparizioni pubbliche. Da questo punto di vista, un altro personaggio che si sta facendo strada nel Centro-Destra è Matteo Salvini. Il leader leghista ha cercato di accogliere nuovi elettori togliendo la parola “Nord” dal simbolo e ha imparato una cosa che sembra banale ma non lo è: sorridere.
Le prime apparizioni in tv ma anche nei comizi di Matteo Salvini erano fatte di slogan e urla. Il suo viso era corrucciato e ciò provocava terrore nell’elettorato moderato di Centro-Destra: non dimentichiamoci che nelle scorse europee la rabbia e i discorsi aggressivi di Beppe Grillo contribuirono non poco alla debacle dei grillini. Questo suo cambiamento ha allargato la platea di potenziali votanti: adesso, non solo gli estremisti di Destra lo vedono di buon occhio.
Dopo la dovuta digressione su Salvini, si torna alla sfida Di Maio Renzi. Per chi non lo sapesse, l’attivista del M5S aveva lanciato un guanto di sfida al segretario del PD su Twitter. Probabilmente, il 31enne pensava che il competitor lo avrebbe snobbato. Invece, stavolta, Renzi ha fiutato l’aria e ha capito che era un’occasione unica: presentarsi contro un avversario non all’altezza a livello di dialettica e immagine in un momento in cui doveva rimontare (tutti i sondaggi davano in crisi il PD in Sicilia). E anche Di Maio sapeva della potenziale batosta del Partito renziano in Sicilia e per questo ha sbagliato totalmente le tempistiche per la richiesta del confronto. Così, Di Maio ha cambiato strategia cercando di delegittimare Renzi, nella speranza che ciò acuisse le crisi interne al Partito di Centro-Sinistra. La sua comunicazione è stata però percepita in modo totalmente differente dall’elettorato, compresa parte di quello pentastellato. Infatti, il giovane attivista è stato percepito come un “vigliacco”. Questo ha dato una bella mano a Renzi in un momento in cui ne aveva bisogno, ma in cui, probabilmente, sarebbe riuscito comunque a cavarsela. Ma l’errore del M5S sta a monte: pensare che Di Maio fosse la nemesi renziana.
Dicevamo che carisma, immagine e dialettica sono le doti principali che un elettore pretende da un leader politico. Partendo dal presupposto che in un dibattito tv, diluito in poche ore, è difficile affrontare temi che il pubblico percepisce noiosi quali i programmi elettorali. Se analizziamo il carisma, Renzi ne dimostra più di Di Maio. Per quanto concerne l’immagine, i due se la battono: il primo può risultare arrogante, ma anche sicuro di sé; il secondo può risultare troppo composto, ma anche competente e affidabile. Sulla dialettica non c’è confronto: Renzi è reattivo – e in un medium come quello televisivo è fondamentale – e a livello di retorica ha pochi rivali. Non stiamo parlando di nobile retorica, ma di quella che infrange le regole comunicative e, spesso, chi assiste ai discorsi dei politici non se ne rende conto. Insomma, un confronto impari. L’unico avversario pentastellato che avrebbe potuto competere ad armi pari con Renzi è Alessandro Di Battista. Entrambi infatti hanno imparato a essere più “zen” nelle loro apparizioni in tv, inoltre Di Battista ha carisma da vendere e a livello di dialettica ha ben poco da invidiare a Renzi. Se poi Di Maio è bravo a far confluire un elettorato di Centro-Destra, Di Battista è più bravo ad assimilare elettori di Centro-Sinistra. Per quanto il M5S abbia tendenze estremistiche in entrambi i lati, probabilmente sono maggiormente gli elettori di Sinistra delusi dal PD a puntare su di loro.
E questo errore potrebbe ripercuotersi sulle prossime elezioni. La scelta di Di Maio potrebbe essere stata sbagliata e favorire Renzi, che ha tutto il tempo per rilanciarsi. Sul versante del Centro-Destra, il trio Berlusconi-Salvini-Meloni sembra essere compatto e potrebbe, come avvenuto in Sicilia, approfittare della bagarre e nuova legge elettorale. Intanto, staremo a vedere cosa succederà nel dibattito del martedì sera. La proposta alternativa di far confrontare Di Battista con Renzi del M5S potrebbe essere il primo segnale dei pentastellati che, forse, si sono resi conto dell’errore e stanno sondando il terreno. Certo è che di questo errore i pentastellati potevano farne a meno, dal momento che la tendenza li vede in notevole crescita poiché percepiti come l’unica vera alternativa ai vecchi partiti di Destra e Sinistra.
Bisognerebbe però tenere conto della gran parte dell’elettorato, quello degli astenuti – e di chi vota turandosi il naso –, che non si rispecchia in loro e probabilmente attende la nascita di un partito/movimento mainstream di Destra, di Centro e di Sinistra (in base alle rispettive idee/ideologie) in cui rispecchiarsi pienamente. Ma, soprattutto, come spiegava nei suoi libri Tiziano Terzani, non si deve aspettare che sia la politica a cambiare lo stato generale delle cose: ognuno deve darsi da fare nel proprio piccolo poiché i settori che in Italia non funzionano sono soltanto lo specchio dei problemi atavici di una cultura che difficilmente cambierà nel giro di pochi anni. Infine, bisognerebbe abbandonare l’idea di leaderismo, ma fin quando il medium dominante, in Italia, sarà la tv – e quindi per ancora altri lunghi anni –, si tratta di pura utopia. La politica dovrebbe incentrarsi su programmi condivisi e dibattuti, su idee per risolvere i problemi e non dovrebbe avere nulla a che fare con temi quali immagine e propaganda.
Staremo a vedere.