Prodotti a basse prestazioni pensati ad hoc per spingere il consumatore ad acquistarne di nuovi.
Questa, in soldoni, la pratica commerciale scorretta per cui l’Antitrust ha avviato due distinti procedimenti nei confronti dei gruppi operanti in Italia di Samsung ed Apple.
Una decisione presa a seguito di tantissime segnalazioni di consumatori e di un’attività preistruttoria svolta d’ufficio. Le accuse mosse dall’autorità non lasciano davvero spazio a dubbi: i professionisti in questione avrebbero posto in essere una “politica commerciale volta a sfruttare le carenze di alcuni componenti per ridurre nel tempo le prestazioni dei propri prodotti”, in modo da indurre i consumatori ad “acquistare nuove versioni”.
Stiamo parlando di obsolescenza non solo programmata, ma addirittura stimolata. A tal proposito è particolarmente importante anche il seguente passaggio della nota dell’Antitrust, in cui viene spiegato come sarebbero stati proposti ai clienti “aggiornamenti software per i telefoni cellulari senza segnalare possibili conseguenze degli stessi e senza fornire sufficienti informazioni per mantenere un adeguato livello di prestazioni dei dispositivi”.
L’impressione dunque è che gli aggiornamenti andassero paradossalmente a danneggiare i dispositivi in questione, rendendoli meno performanti e, di conseguenza, spingendo i clienti all’acquisto di nuovi cellulari. Un comportamento che, prosegue l’Antitrust, “potrebbe risultare in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo”.
Codici apprezza la volontà di indagare al meglio su un comportamento che sembra a tutti gli effetti scorretto, ma allo stesso tempo è intenzionata a presentare un ulteriore esposto all’Antitrust per verificare se ci sia stata o meno volontà da parte delle aziende in questione di truffare deliberatamente il consumatore italiano. Un’azione che è figlia del nostro desiderio di adeguarci a tanti altri paesi europei intervenuti in maniera molto più forte sul tema dell’obsolescenza programmata: a tal proposito la direttiva comunitaria 2005/29/CE parla chiaro, obbligando l’operatore economico ad informare il consumatore nei casi in cui il prodotto sia stato progettato per avere durata limitata.
In Italia si è lavorato troppo poco sul tema, anche se in Parlamento oggi giacciono due proposte che vogliamo interpretare se non altro come un (timido) segnale di risveglio. Da una parte la risoluzione del M5S che propone il passaggio ad una garanzia a 5 anni (10 nel caso di prodotti di grandi dimensioni); dall’altra un disegno di legge di SEL che chiede pezzi di ricambio disponibili (a cifre proporzionate al prezzo di vendita del bene relativo) fino a che il prodotto in questione rimane sul mercato.
Due interventi probabilmente “piccoli”, ma sicuramente concreti e pensati per tutelare il consumatore, che, purtroppo, continua a vedere quotidianamente calpestato il diritto a venire informato in maniera corretta/completa sui prodotti che intende acquistare. Due interventi che dunque trovano pieno sostegno da parte di Codici.