D: si parla di colore. Che relazione intercorre tra colore e architettura/progettazione
Lo spazio architettonico è un vuoto cieco, totale, fino a quando il colore non interviene, dando allo spazio un apporto di concretezza[1]. Questa affermazione di Jorrit Torquinst sintetizza ampiamente il ruolo del colore nella progettazione: la qualità di un edificio è data dalla sua architettura, dalla funzionalità e dalla tecnologia utilizzata, dalla durabilità nel tempo e dalla capacità di mantenere un comfort elevato nel tempo, ma anche da quegli elementi percepiti dai sensi (acustici, olfattivi, visivi e termici), come la luce ed il colore, il cui scopo non è solo quello di abbellire architetture ed infrastrutture tecnologiche, bensì di renderle più trasparenti e più logiche le forme[2]. Calda e attiva (gamme di gialli, aranci e rossi, usati per stimolare le attività che si svolgono in uno specifico spazio, anche detti salienti perché associati all’azione e all’estroversione) ovvero fredda e passiva, introversa e rilassante (blu, azzurri, violetti e verdi, percepiti come freschi e umidi perché ricordano la vegetazione e l’acqua), ciascuna sfumatura cromatica non è soltanto un effetto fisico, superficiale e basato su sensazioni momentanee[3] che lascia dietro di sé impressioni durevoli che consentono di orientarsi, individuare e riconoscere lo spazio (percezione oggettiva), ma è anche una vibrazione spirituale che raggiunge l’anima[4], suscitando sensazioni, risvegliando emozioni e pensieri che distendono o agitano, che provocano gioia o tristezza[5], ovvero codice di un mondo interno che contiene significati consci ed inconsci fondati su relazioni, stimoli ed emozioni (percezione soggettiva) che rendono lo spazio dinamico.
Influenzato dagli studi degli impressionisti francesi, l’uso del colore in architettura, nonché le ricadute sul rapporto forma- colore dello spazio interno ed esterno, viene ampiamente affrontato dal Bauhaus (1919) nella persona di Theo van Doesburg, per il quale il colore può essere impiegato in diversi modi: a sfondo decorativo, il che richiede di saperlo utilizzare con gusto nello spazio; in sintonia con le strutture che lo circondano, ma comunque sottomesso agli elementi costruttivi, o come gioco di massa tra volumi e luce; colore come aspetto creativo e strutturante il paesaggio urbano[6]. La propaganda dell’architettura del colore fu sostenuta da numerosi architetti, come Walter Gropius, Martin Wagner ma soprattutto da Bruno Taut (seguito da Ernst May, pioniere delle città colorate, e da Adolf Behne, critico di architettura), per il quale il colore si rivela senz’altro come l’unico mezzo naturale per definire gli spazi[7] che dal 1924 in poi si occupa delle policrome Siedlungen berlinesi, i cui colori sono scelti in base alle esigenze degli abitanti (quartiere residenziale di Zehlendorf -Berlino).
Dopo il periodo buio degli anni ’50, l’uso del colore in architettura riprende forma (anche noi dobbiamo riportare più colore nelle abitazioni, nei luoghi di lavoro e nell’ambiente urbano della strada, si legge in un articolo dal titolo I colori nella e per la casa di Heinz Loffelhardt del 1949) e si afferma come elemento fortemente distintivo capace di apportare originalità e creatività all’architettura, in grado di valorizzarne le qualità estetiche, ma anche quelle compositive e simboliche, sintetizzate nella realizzazione dell’edilizia sociale colorata ed ancor più con la realizzazione del Centre Pompidou: il volume architettonico si pone tra i grigi parigini ed è ad essi contrapposto nell’uso dei colori dei sistemi di informazione tecnologica secondo una nuova consapevolezza cromatica[8].
D: Quale significato assume l’uso del colore nella contemporaneità? E nell’architettura d’interni?
Nella contemporaneità, se da un lato il colore incoraggia il consumo di massa quale fenomeno tipico del design, il colore si rivela senz’altro come mezzo naturale per definire gli spazi[9], è mezzo di espressione per differenziare e riconoscere (aree e quartieri; edifici e interni). Anche per esaltare edifici, nella contrapposizione di materiali dai colori sgargianti negli esterni del gruppo tedesco dei Sauerbruch&Hutton (come nel GSW Headquarters[10] a Berlino, nel “MAC 567”[11] o nel Museo d’Arte Moderna e Contemporanea a Brandhorst[12]) ovvero quale elemento distintivo di volumi semplici (Didden Village[13]) oltre che a fini simbolici e compositivi, a tratti ludici e provocatori (Studio Thonik[14]). Il colore assume una valenza funzionale/ emozionale anche negli interni.
L’architettura d’interni fa parte di un ambito disciplinare alquanto più ampio in cui si relazionano competenze e figure professionali diverse che hanno come obiettivo quello di svolgere un ruolo di riconoscibilità funzionale, orientamento, senso dell’accoglienza e comfort della permanenza: i colori, seppur soggettivi, ne sono ingredienti imprescindibili. La progettazione di uno spazio interno diviene così il risultato di una lettura congiunta delle diverse e concomitanti esperienze sensoriali e funzionali dove acquisiscono un valore simbolico l’uso di materiali, forme, spazi, elementi d’arredo e colori.
Ogni spazio ha una funzione e ad ogni funzione si può attribuire un colore. Le stanze di una casa, ad esempio, possono essere tinteggiate con specifici colori secondo la funzione per le quali sono state progettate: negli ambienti più sociali, come l’ingresso, il soggiorno e la cucina, sono più adatti i colori caldi, che favoriscono l’estroversione; nella zona notte sono da preferirsi i colori freddi, più riposanti[15]; nei luoghi collettivi e di lavoro, la piacevolezza data dall’equilibrio tra spazio, tonalità e luce può portare ad un minor dispendio d’energia umana, quindi ad un miglior rendimento mentale: colori allegri ma non eccitanti, come i gialli in tutte le declinazioni, migliorano l’impatto con la struttura scolastica e favoriscono l’attività mentale e l’operosità, facendo dimenticare fatica e sonnolenza. Negli ospedali e nei luoghi di cura, ambienti attenti alle esigenze globali, fisiche e psico-sociali del paziente, un adeguato studio del colore migliora il comfort psico-fisico e visivo rialzando il morale e sviando i pensieri dalla malattia (oltre a migliorare le prestazioni del personale sanitario). In questi luoghi si trovano di solito spazi indifferenziati dai colori neutri, anonimi, uniformi: usare tinte diversificate e vivaci, inserite nei punti “chiave” e con l’aiuto di una buona segnaletica, concorre al miglior riconoscimento dei luoghi. Nell’Ospedale di Paimio, Alvar Aalto concepisce il progetto secondo il criterio migliore per l’esposizione a luce ed aria per ottenere una maggiore azione salutare sui pazienti: paesaggio, eventi plastici, luminosi e coloristici che si cristallizzano nelle forme dell’architettura. Ma è l’uso dei colori negli interni che viene studiato con maggiore attenzione: Aalto inverte il colorismo tra pareti, solitamente più scure, ed il soffitto, che agisce solitamente come superficie riflettente ed illuminante, perché la percezione dello spazio di un individuo che giace supino su di una superficie parallela al soffitto è invertita.
Oltre la funzione, al centro della progettazione del colore si pone l’utente: tra utente ed ambiente si stabilisce un’interazione[16]. Affinché tale relazione non sia causa di stress e disagio, occorre una progettazione che sia promotrice di salute e benessere fisico-psicologico, come quello termo-igrometrico, la qualità tattile ed olfattiva, la traspirabilità dei materiali, la percezione dell’ambiente e la vivibilità dello spazio.
Porre un accento su queste problematiche vuol dire giungere ad una più ampia interpretazione del concetto di qualità ambientale, che tenga in considerazione la percezione, l’uso dello spazio e le persone che lo vivono. Le strutture architettoniche sono assimilate dalla mente umana secondo alcuni particolari che distinguono l’estetica in bella o brutta, gradevole o sgradevole. Il colore è dunque un importante strumento di progettazione, che può migliorare la permanenza negli ambienti influendo positivamente sull’umore, aiutando la diffusione della luce, riducendo i costi di acquisto e di gestione, oltre che di risparmio energetico. Non esistono ricette o soluzioni univoche: il progettista dovrà studiare le proposte cromatiche caso per caso, a seguito di un’attenta ricerca che dovrebbe tener conto delle diverse funzioni, delle situazioni che in esse si vivono, delle diverse categorie di persone che ne usufruiscono, nonché l’ambiente sociale, culturale e geografico e le diverse età dei fruitori.
L’architettura d’interni si fa codice linguistico multiplo in cui le diverse scelte di linguaggio espressivo e i singoli componenti, dal tipo di luce, ai colori, agli arredi ai diversi materiali di pavimenti e soffitti, esprimono sempre più un forte sistema di valori in cui l’utente deve riconoscersi[17] e il design è quindi soluzione ed elemento per facilitare il movimento e la permanenza dell’uomo in uno spazio.
[1]TORNQUIST Jorrit, Colore e luce. Teoria e pratica, Unicopli, Milano, 1999
[2]TORNQUIST Jorrit, Colore e luce. Teoria e pratica, Unicopli, Milano, 1999
[3]KANDISKIJ Vassilij, Lo spirituale dell’arte, Bompiani, Milano, 1993
[4]KANDISKIJ Vassilij, Lo spirituale dell’arte, Bompiani, Milano, 1993
[5]GOETHE Johann W., Zur Farbenlehre (Teoria dei colori), Il Saggiatore, Milano, 1981
[6]VAN DOESBURG Theo, Verso un’architettura plastica, in De Stijl, 1924, VI, n.6/7, pp.78-83
[7]TAUT Bruno, Ja-Stimmen des Arbeitstratsfur Kunst in Berlin, Berlino-Charlottenburg, 1919
[8]Renzo Piano, Richard Rogers, Sue Rogers, Edmund Happold, Peter Rice, Centre Pompidou, Parigi, 1977. i diversi colori delle tubature esterne del prospetto del Centre Pompidou sono differenziati in base al loro utilizzo: quelle gialle per l’elettricità, le rosse per gli ascensori e le scale mobili, verde per l’acqua, blu per l’aria.
[9]TAUT Bruno, Ja-Stimmen des Arbeitstratsfur Kunst in Berlin, Berlino-Charlottenburg, 1919
[10]Sauerbruch & Hutton Architetcts, GSW (Gemeinnutzige Siedlungs und Wohnungsbaugesellschaft) Headquarters, Berlino, 1999.
[11]Sauerbruch & Hutton Architetcts, MAC 567.
[12]Sauerbruch & Hutton Architetcts, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Brandhorst, 2009.
[13]MVRDV, Didden Villane, Rotterdam, 2006.
[14]MVRDV, Studio Thonik- Orange House, Amsterdam, 2001.
[15]Un esempio: la tipica casa giapponese è costituita da materiali naturali: legni, intonaco colorato con paglie speciali; le finestre sono rivestite di carta come le lampade; tutto si esprime in maniera naturale, anche il colore, la cui tonalità varia secondo le stagioni e le occasioni.
[16]HILLMAN James, L’anima dei luoghi. Conversazione con Carlo Truppi, Rizzoli, Milano, 2004
[17]DELL’ACQUA BELLAVITIS Arturo, la riscoperta della cultura dell’abitare, in AL- Architetti Lombardia, n°4, 10-2004