Salute e benessere

Patatine in busta, carni processate e coca-cola: aumenta il rischio di tumori

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Cura Calvizie, il rimedio è nelle patatine fritte: lo dice un recente studio giapponese

I cibi ultra-processati come le merendine e le pietanze pronte da riscaldare, ma anche bibite gassate, sempre più nel mirino della scienza per i loro potenziali e molteplici effetti negativi. Sono anni ormai che studi scientifici evidenziano legami tra il consumo di carni processate (come gli affettati, le carni in scatola, ecc.) e zucchero bianco raffinato ed il rischio di sviluppare tumori.

Una nuova ricerca dalla Sorbona di Parigi e la Università di San Paolo, in Brasile, e pubblicata sull’autorevole rivista scientifica British Medical Journal, chiarifica con rigore statistico il pericolo di incappare nella terribile malattia del cancro e sue varianti attraverso il consumo dei cibi classificati come «ultra-processati».

Nella categoria rientrano un grandissimo numero di prodotti che tanti di noi consumano quotidianamente: bevande gassate e iper-zuccherate come la Coca-Cola, cibi pronti come quelli surgelati da cuocere nel forno a microonde. Ma non solo: anche le patatine in busta, il pane preconfezionato, i dolci, le salsicce e il bacon, le crocchette di pollo e le zuppe preconfezionate rientrano nella malsana categoria. Questi cibi hanno in comune un elevatissimo contenuto di sale, grassi saturi e zuccheri aggiunti, mentre sono scarsissimi nel loro apporto nutrizionale, per esempio di fibre e vitamine. Si calcola che, per ogni 10% di consumo in più di questi cibi, il rischio di cancro aumenti del 12%.

«La nostra è la prima ricerca ad esplorare e sottolineare l’aumento del rischio nello sviluppo dei tumori – in particolare al seno – in associazione con l’apporto di cibi ultra-processati», spiegano i ricercatori. «Se verranno confermati da setting di ricerca e gruppi di popolazione diversi, questi risultati indicano che il rapido aumento del consumo di cibi ultra-processati causerà l’aumento del numero dei pazienti di cancro nei prossimi decenni».

Durante lo studio, i ricercatori hanno osservato 105mila adulti in salute di un’età media di 43 anni. I partecipanti sono stati divisi in gruppi a seconda del loro consumo di cibi ultra-processati nell’arco di 24 ore. In generale, il team ha notato che le persone che più consumavano questi cibi – fino al 32% della loro alimentazione complessiva – correvano il 23% del rischio in più di sviluppare una forma di cancro nel corso dei 5 anni successivi, rispetto a chi ne consumava di meno (circa l’8% dell’alimentazione).

I ricercatori tengono a precisare di non aver trovato nessun legame tra lo sviluppo di tumori e il consumo di cibi in scatola come fagioli e altri legumi, formaggi e pane fresco. Professor Tam Fry, del National Obesity Forum, ha commentato così la ricerca: «Non c’è fumo senza fuoco: dovremmo far caso alle paure degli scienziati e leggere con più attenzione le etichette dei cibi che consumiamo. Tantissimo cibo processato che consumiamo ogni giorno contiene eccessivi livelli di zuccheri, grassi e sale, ed è tutto elencato nelle confezioni. Non rischiamo un tumore mangiando più di ciò che contiene 15g di zuccheri, 5g di grassi saturi e 1.5g di sale per 100g. Non ci vuole poi tanto!».

Non si tratta della scoperta dell’acqua calda, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“, associazione che tra le sue molteplici attività ha da sempre ritenuto primario informare circa la validità e gli effetti positivi di una vita sana e di una dieta equilibrata e quindi, al contrario, di tutto ciò che può peggiorare la nostra esistenza e salute. Questa ricerca, per noi, è un ulteriore monito rivolto a tutta la platea dei consumatori, di modificare i nostri regimi dietetici riducendo considerevolmente il consumo di carni di questo tipo e l’assunzione di bevande gassate, al cui eccesso sono notoriamente associati una serie di effetti assolutamente negativi.