Il ciclo dei rifiuti della Regione Lazio rimane tuttora impostato sullo smaltimento in discarica ed incenerimento, secondo uno schema ormai desueto e un sistema abbandonato nella maggior parte delle regioni italiane ed in tutta Europa. Dopo 5 anni, con il Piano rifiuti approvato nel 2012 e ormai scaduto il 31 dicembre scorso, la Regione non ha adottato un nuovo piano e non ha cambiato la sua strategica ambientale ed economica. I livelli di raccolta differenziata, nonostante le rassicurazioni, sono inadeguati e gli incentivi ai Comuni per incrementare le percentuali sono stati insufficienti e resi solo a fine legislatura. La Regione è in enorme ed inammissibile ritardo nel governo del ciclo dei rifiuti.
Il problema prioritario dell’attuale sistema di gestione dei rifiuti nel Lazio è che lo smaltimento in discarica di enormi quantità di rifiuti, seppure trattati negli impianti di TMB (trattamento meccanico biologico), rimane il nodo centrale. Quindi diventa indispensabile la reperibilità e disponibilità di aree e di impianti dove abbancare grandi volumetrie di rifiuti non recuperabili e di scarti di lavorazione. Per questo resta alto il livello di preoccupazione sulla discarica comunale di colle Fagiolara, aperta dal 1992 e più volte data prossima alla chiusura, perché ha esaurito il suo ciclo di vita.
Stando agli atti il contratto di gestione con Lazio Ambiente spa scade nel 2019 e l’Autorizzazione all’esercizio (AIA) nel 2022, ma il Comune ad ogni occasione ribadisce – ai cittadini e alla Regione – che la chiusura resta fissata al 2019. Ma c’è un “ma”, come nelle tante tormentate e controverse vicende della valle del Sacco. Nell’ultimo periodo la discarica è stata di fatto chiusa perché la presenza al suo interno di 2 elettrodotti (ENEL e TERNA) ha impedito la “completa gestione dei volumi autorizzati ed abbancabili.” La Regione, con la Determina di Fabbisogno (22.4.2016, n. 199), ha stabilito che la volumetria residua di colle Fagiolara è di 33.000 mc, a cui si potranno aggiungere ulteriori 600.000 mc, qualora gli elettrodotti vengano spostati (prescrizione inattuata per quasi 8 anni!).
Questo ampliamento viene accolto malissimo a Colleferro, provocando dure reazioni in Consiglio comunale, tra gli ambientalisti ed i residenti e tra questi ultimi prevale il convincimento che mantenere attiva la discarica consenta di conservare la filiera così com’è (discariche, inceneritori, TMB e impianti di percolato). Nel frattempo, per continuare a conferire, la Regione ricorre al decreto commissariale del presidente Zingaretti del 14.10.2016, che dispone la provvisoria sopraelevazione di 7 metri della discarica, da 280 a 287 metri (contro ricorrono al TAR del Lazio Retuvasa e Comitato residenti Colleferro). “Ma” alcuni mesi dopo la Regione, il 31.12.2016, con la Legge di Stabilità per il 2017, prevede di adottare, entro 60 giorni, un Piano per la predisposizione delle procedure di chiusura della discarica. Scaduto il termine il Comitato residenti Colleferro ha diffidato la Regione ad adempiere (http://valle-del-sacco.frosinonetoday.it/colleferro/Discarica-colle-fagilolara-chiusura-ina-camilli.html, 20.10.2017 e 7.11.2017).
Dall’ampliamento alla chiusura, “ma” cosa è cambiato nel frattempo? Roma non è autosufficiente, conferisce fuori del suo ATO, in particolare verso gli impianti della provincia di Frosinone che sono al limite – la discarica MAD di Roccasecca è prossima all’esaurimento causato dai conferimenti capitolini – e vanno in forte sofferenza. E’ necessario pianificare le possibili soluzioni e, infatti, la stessa DGR n. 199/2016 rappresenta la necessità di reperire ulteriori volumetrie negli impianti di discarica esistenti, fra i quali Colle Fagiolara. Da questo momento in poi gli atti che verranno adottati andranno tutti nella direzione di mantenere aperta la discarica di cui si teme l’ampliamento.
L’8.11.2017 la maggioranza del Consiglio comunale respinge la mozione contro lo spostamento dei tralicci e viene totalmente ignorata la richiesta di deliberare prima il Piano di chiusura della discarica e, all’interno del Piano, prevedere le operazioni per delocalizzare i piloni. Questa è la soluzione che meglio poteva garantire e dare certezza che nel 2019 la discarica sarebbe stata chiusa e che l’invaso – creato dallo spazio liberato dai tralicci – non sarebbe stato riempito con ulteriori rifiuti. “Ma” la scelta è quella di colmare l’invaso e di utilizzare le volumetrie disponibili (i 600.000 mc sono stati meglio stimati in 482.193 mc, Rel. ottobre 2017), riprendendo ad accogliere i rifiuti da Roma e da circa 25 Comuni della provincia. Il 1.12.2017 l’ordinanza sindacale urgente n. 192 dispone lo spostamento dei tralicci e la presa in carico dei costi da parte di Lazio Ambiente spa.
Il 6.12.2017 (Determ. n. 664), il Comune di Colleferro acquista meno di 2 ettari adiacenti alla discarica, in via Palianese, da asservire all’ampliamento del Piano di riordino della discarica dove delocalizzare i tralicci. Il 13.12.2017 Lazio Ambiente spa avvia le procedure per realizzare un impianto per il trattamento del percolato della discarica (1,3 milioni, interamente finanziato dalla Regione). A riprova che la decisione è quella della riapertura, il 29.12.2017 all’Assemblea dei Sindaci di SAF, che gestisce il TMB di Colfelice, il presidente Migliorelli – ex capo segreteria dell’Assessorato regionale all’Ambiente, Buschini – presenta una Relazione da cui risulta che il consorzio vanta un credito di 5 milioni di € nei confronti di Lazio Ambiente spa e che verrà compensato in parte con il conferimento di scarti di lavorazione di rifiuti indifferenziato presso colle Fagiolara, non appena completata la procedura di spostamento dei tralicci che inibiscono abbancamenti ULTERIORI rispetto alle volumetrie già autorizzate.
“Ma” perché lasciare aperta la discarica?
Viste le indicazioni della DGR n. 199/2016 la volumetria residua, una volta spostati i tralicci, è di 482.193 metri cubi, e quindi l’ampliamento è possibile e probabile. Un motivo va individuato nel fatto che il Bilancio della Regione Lazio, a valere sul 2018, non ha previsto lo stanziamento di 1 € per il post mortem (29 milioni di € secondo la nota integrativa al bilancio 2015 di Lazio Ambiente spa) e senza risorse non è possibile procedere realisticamente alla chiusura fra 1 anno.
Un altro motivo sta nel fatto che la società – la cui esistenza è stata prorogata a giugno 2018 – deve accantonare una quota per costituire il fondo da utilizzare dopo la chiusura della discarica, quota che viene prelevata dai conferimenti in discarica. “Ma” zero conferimenti, zero introito, zero post mortem. Nel 2017 il Comune di Colleferro ha incassato dalla discarica 316.884,01 € e nel bilancio di previsione del 2018 è prevista una entrata tra 3- 4.221,697,48 €. Veniamo così al costituendo Consorzio dei Comuni che dovrebbe gestire la discarica con un introito stimato, già emendato delle spese di gestione, di circa 20 milioni, solo utilizzando la volumetria residua. Secondo le dichiarazioni dell’Amministrazione comunale il Consorzio sarà attivo già quest’anno e quindi acquisterà o noleggerà i mezzi e tutto ciò che occorre alla gestione della discarica e del servizio di raccolta e spazzamento. E’ evidente che per sostenere questi investimenti Comune di Colleferro e Consorzio puntano sulle risorse garantite dall’esercizio della discarica; se l’impianto chiude nel 2019 come finanzieranno l’attività del Consorzio stesso e dove porteranno i rifiuti?
Infine, oggi i Comuni del costituendo Consorzio smaltiscono i loro rifiuti non recuperabili e gli scarti di lavorazione dei TMB (ai quali conferiscono la frazione di rifiuti indifferenziati), nelle discariche regionali che hanno ancora disponibilità di volumetrie, fra cui la MAD srl di Roccasecca. E’ una soluzione tampone, perché è del tutto evidente che la destinazione di questi rifiuti non potrà che essere colle Fagiolara, anche dopo il 2019. A meno che il Comune di Colleferro intenda “scaricare” i problemi ambientali su altri territori e sulla Valle del Sacco. Se per la provincia di Frosinone il ciclo dei rifiuti si basa sul tridente SAF (impianto TMB e di produzione di CDR), MAD srl (discarica di Roccasecca) e sull’inceneritore di San Vittore (Acea Ambiente spa), nella parte nord della Valle del Sacco sul confine fra le province di Roma e Frosinone, la gestione dei rifiuti si fonderà sull’integrazione fra l’impianto di Castellaccio, che produrrà CDR, gli inceneritori di Colleferro, ai quali sarà destinato detto combustibile da rifiuti, e sulla discarica di Colle Fagiolara per gli scarti e sovvalli. Uno scenario che deve essere scongiurato per non replicare quanto avviene al sud della Valle del Sacco, con gli stessi devastanti impatti ambientali.
Per le province di Roma e Frosinone “Avere volumetrie utilizzabili ed autorizzate significa che qualsiasi ente o istituzione con sufficienti poteri in materia possa imporre lo spostamento dei tralicci ed utilizzare la discarica” (https://www.casilinanews.it/57912/attualita/colleferro-sanna-discarica.html).
E’ proprio questa la preoccupazione: il Prefetto o la Regione, con il pretesto dell’emergenza, possono adottare un provvedimento di urgenza e utilizzare la discarica, la cui estensione, nel frattempo potrebbe essere stata incrementata dei terreni confinanti. Per evitare questo rischio concreto è fondamentale deliberare la chiusura della discarica, indicando i costi del post mortem e le somme finora accantonate; adottare il Piano di chiusura, prevedendo al suo interno le opere e gli oneri previsti per lo spostamento dei tralicci.