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Intervista agli Elettronoir: tra Izzo, Camus e Pasolini

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Elettronoir, prosegue il crowdfunding per il nuovo album

Oggi intervistiamo un gruppo romano che, anche se da qualche anno è attivo nel panorama della musica italiana, è senza dubbio nuovo dal punto di vista della qualità.
Anticonformisti sin dal nome: Elettronoir. Ecco l’intervista integrale concessa in esclusiva a noi.

Ciao Marco. Innanzitutto grazie per averci concesso l’intervista. Partiamo dal nome del gruppo: Elettronoir. Chi vi segue da tempo sa che la scelta è dovuta al predominio del punto di vista dello sconfitto, del più debole, nelle vostre canzoni e al mix con la musica elettronica. Puoi dirci altro in proposito?

Ciao e grazie a voi, felici di essere vostri ospiti. Hai detto tutto bene tu. Noi raccontiamo storie dal punto di vista di chi è schiacciato verso il basso, di chi fa fatica e di chi guarda il cielo con voluttà, sospirando. L’elettronica è poi funzionale alle nostre dinamiche, un escamotage per reinventare immaginari e spostarne il senso, attualizzandolo ai giorni nostri.

Parlateci di voi.

Nasciamo nel 2004 con un altro nome e debuttiamo subito da Red Ronnie… da lì non ci siamo più fermati.
Nel DNA abbiamo l’autoproduzione, sia discografica che live, pur avendo vagliato negli anni offerte e collaborazioni varie. Finora non abbiamo trovato nulla di più vantaggioso, per la nostra crescita artistica, che dettarci regole e tempi in maniera autonoma. Abbiamo all’attivo 4 lavori in studio ed un centinaio di live in giro per la penisola.

Come descriveresti la musica che componete?

Ci facciamo film mentali, prendiamo spunti visivi di ogni genere, per poi comporne le colonne sonore. Sarà pop, musica leggera, ci hanno definito nuovo cantautorato, cantautorato elettronico, new wave, pop…bo’… noi raccontiamo storie con il linguaggio della musica e vestiamo questi corpi vivi con il miglior abito che riteniamo possibile.

Pasolini, Camus, ma anche Truffaut, Elio Petri, ecc.. Quali sono gli artisti che più vi hanno influenzato?

Tutti quelli che hai nominato e tantissimi altri, tra i quali, però, ci sentiamo di mettere in evidenza Jean Claude Izzo, che ci diede lo spunto per la nostra trilogia legata alla città di Napoli, tra il 1977 ed il 1982. Abbiamo il “vizio” di prendere da ambiti diversi dalla musica e piegarne le essenze secondo le nostre esigenze del momento. Scrivere musica, improvvisare sonate al piano o al synth mentre scorrono immagini della Nouvelle Vague, o sui dipinti di Modigliani, non è stato mai solo un semplice esercizio di stile, per noi.

Che reazione hai quando venite paragonati ai Baustelle per il tipo di sonorità? Anche se poi la voce di Georgia Lee è più potente rispetto a quella delicata di Rachele Bastreghi.

I primi tempi del progetto -ELETTRONOIR- rimanevamo meravigliati da tale paragone. Eravamo sì onorati, ma perplessi. Oltre al discorso delle voci, di cui hai colto perfettamente le differenze, noi non abbiamo né chitarre né batterie acustiche, né quel settaggio lì che ammicca alla “band rock’n’roll” di stampo anglosassone. Suonando con un pianoforte fisso e una korg per le ritmiche, con la sola aggiunta del basso elettrico+fuzz, non capivamo come potessimo essere assimilati a quella realtà… Insomma, per farla breve ed essere chiari, provavamo a fondere Nick Cave, Joy Division, De André e Kraftwerk ed invece venivamo paragonati ad una realtà prossima ai Pulp… ci destabilizzava… Poi la cosa si è calmata e piano piano in molti stanno capendo (lo sappiamo perché ce lo confidano;-) ) che castroneria hanno portato avanti…

Anche la loro musica si associa perfettamente a un’opera quale quella cinematografica (basti pensare al film Giulia non esce la sera, la cui colonna sonora è proprio dei Baustelle): credi si possa dire lo stesso della vostra musica, viste le numerose contaminazioni di generi?

Sicuramente.
Noi abbiamo avuto l’onore ed il piacere di lavorare con molti registi e sceneggiatori. Abbiamo prodotto musiche per pubblicità internazionali e lungometraggi che ad oggi vanno per festival. Con Fatti Corsari di Stefano Petti ed Alberto Testone abbiamo vinto il Torino Film Festival nel 2012, con L’ultimo Tango di Iacono stiamo in tutti i festival indipendenti del mondo… La musica si salverà in comunione con altre discipline… di questo ne siamo fortemente convinti. Suoniamo live con video proiezioni. Portiamo nei dischi tracce di film. Esportiamo musica filmica in mostre, visual case e lungometraggi. Forse la formula di oggi è proprio la commistione di linguaggi. Abbiamo sonorizzato per lo studio di architettura Zanelli le colline del Chianti e riprodotto l’opera alla Biennale di Venezia.
Non hai idea di che gusto si provi a suonare elettronica e synth in alleanza con le meraviglie della natura…

Il vostro ultimo album, Che non se ne parli più, è datato 2014. Siete al lavoro per nuovi concerti e nuove canzoni?

L’ultimo disco è stato una prova importante per la vita di ognuno di noi. Con l’ultimo disco abbiamo rimescolato tutto. Matteo, Davide e Nando, per scelte di vita, sono usciti dal gruppo. Abbiamo aperto alcune collaborazioni e con Geo stiamo valutando scelte importanti per il futuro prossimo: un disco nuovo per la fine dell’anno, che uscirà con una formula totalmente atipica; e la fattibilità di alcune proposte live che ci hanno mosso in questi giorni.
Quindi l’officina è aperta ed attiva!

Cosa ne pensi del mondo della discografia al giorno d’oggi?

Morta e sepolta.
I cd non si vendono, qualche vinile, qualche mp3… la questione è che non esiste più il pubblico, il concetto di “pubblico”, la condivisione dal basso. Oggi si esiste per sé. Si fanno gli -ELETTRONOIR- perché senza si sta peggio. Non ci sono i soldi, il tempo è poco, la vita ti porta in mille direzioni, ma senza “quello” saresti solo “l’ennesimo abbonato a sky”. La discografia interviene solo quando nota che smuovi migliaia e migliaia di consensi. Facile no? Il Talent scout è stato solo Melis fra gli anni 50 agli 70. Gli altri lo copiavano, e grazie a questo personaggio noi abbiamo avuto il meglio per quantità e qualità. Che nessuno si aspetti più che “dalla porta del locale in cui stai suonando, in una sera di pioggia, entri il capo della Universal che ti ascolta e rimane folgorato…”…o che la Warner ascolti un tuo pezzo in una radio indipendente e succede qualcosa. O che nel contest xxx una giuria di padrieterni misconosciuti ai più ti “giudica”(?) ed allora tu fai il “botto”. Bisogna fare i dischi, di qualità, e provare a portarli in giro per un sorriso, un abbraccio, un consenso, una parola, un commento che t’infiamma.
Se l’arte è sempre stata una questione privata, oggi lo è di più.

“Chi vi permette a voi di guardarmi come se un criminale sia solo un colpevole”. Chi sono i nuovi personaggi a cui vi sentite vicini in questo mondo dove tutto è precario e le polarizzazioni si fanno sempre più nette?

Siamo noi, i nostri cari, i nostri amici. Siamo noi stessi ad aver perso riferimenti, ad essere diventati gli ultimi, gli sfruttati ed i dimenticati. Possiamo raccontarci pure che non è così, c’è sicuramente chi sta un po’ meglio e chi sta un po’ peggio, ma siamo noi i precari della vita, i senza meta.
Il fatto di ritrovarsi agli apericena, o di andare a vivere a Berlino, farsi una canna a 50 anni, una bottiglia di rosso da 100 euro, timbrare il cartellino in banca, non cambia le solitudini che abbiamo maturato. Siamo massa isolata alla mercé degli eventi… e la deriva di ogni qualunquismo possibile ci ha imprigionato per renderci soli e quindi inutili, “disinnescati”.
Se prima c’era un solo muro che divideva due mondi, oggi esistono migliaia di muri mentali (paradossale in quella che viene definita la società iperconnessa), che dividono il “me” dal vicino mio prossimo. E non è certo l’iphone 6S, o un “like” in più, che farà migliorare gli eventi.

Come ritieni sia cambiata la musica rispetto ai primi album e che rapporto hai con la stesura dei testi?

Siamo cresciuti.
Abbiamo prodotto 4 dischi volendo fare più o meno la stessa cosa, ma ottenendo risultati sempre diversi, imprevedibili ed inaspettati. Tutto ha l’aspetto di un’evoluzione, e ci piace questo “fluire” in ogni direzione possibile. E’ faticoso eh! Non si creda che tutto accada per caso. Nando, il nostro produttore artistico, ha passato due estati davanti al mixer per trovare le giuste sintesi ai suoni dell’ultimo disco.
Noi di giorno lavoriamo e la sera suoniamo… una fatica necessaria… in fondo sarebbe peggio arrendersi e rimanere in silenzio.

Nelle vostre canzoni sono molti i riferimenti ai cosiddetti “anni di piombo”. Togliamo le violenze, cosa credi si possa recuperare di positivo di quel periodo?

La partecipazione, la critica costruttiva, il frequentare e frequentarsi per conoscere, provare a capire, condividere, agire, scoprire… e poi la tenacia, la pazienza, la ricerca del metodo, la capacità di carpire l’essenza, l’attenzione ai dettagli ed alle piccole cose. Il sogno, la prospettiva, il desiderio di essere migliori…

Propositi per il futuro?

Continuare a dedicarvi, come un sorriso, le nostre canzoni d’amore.

Grazie Marco per i numerosi spunti di riflessione. Non possiamo che augurare a te e agli Elettronoir le migliori cose. Speriamo di sentirci presto per una nuova intervista, magari in occasione del nuovo album.

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Sotto, il video ufficiale del brano Intervallo, tratto dall’ultimo Album Che non se ne parli più.