“Roma Capitale dove è? Nella vicenda dei rifiuti l’assessore Pinuccia Montanari sembra far finta di non capire. Esiste una vera emergenza sui rifiuti, ma il Comune non ne parla e fa altro”. Non usa mezzi termini la segreteria UIL Roma/Lazio per definire l’ormai annosa vicenda che riguarda lo smaltimento dei rifiuti nel territorio capitolino.
“L’impossibilità di chiudere il ciclo dei rifiuti nel proprio territorio lo costringe a fare viaggiare migliaia di tonnellate di immondizia in altri Paesi Europei o in altre Regioni – continua il comunicato -. Se questo è già noto, si rimane invece basiti quando si annunciano piani fantasmagorici di raccolta differenziata, annunciandone il grande e sicuro successo, ma che nascondono la realtà dei fatti, cioè viaggi di rifiuti in altri quartieri della città dove non si fa la differenziata.
Per non parlare delle tanto ventilate assunzioni di nuovo personale in Ama: dove sono assessore Montanari? Ancora non se ne vede traccia. Piuttosto, mentre si fa il gioco dello scaricabarile con la Regione, i lavoratori di Lazio Ambiente rimangono senza stipendi e senza futuro all’ombra dell’ignavia del comune di Roma, che ci risulta ancora proprietaria del 40% del termovalorizzatore di E.P. Sistemi, con Lazio Ambiente socio di maggioranza.
La domanda ci nasce spontanea: ma davvero Roma Capitale pensa di sbrigarsela così su questa vicenda? Ebbene, che si senta coinvolta invece, perché una quota parte di questi lavoratori spetta anche al Comune di Roma. Un anno fa ha deciso di mettere sul mercato il suo 40%, della
Società E.P. Sistemi, mentre i due tmb di Ama hanno prodotto, producono e continueranno a produrre (per colpa della differenziata flop) quantitativi di CDR tali da potere essere destinati proprio in quell’impianto, garantendo ad Ama (e quindi ai romani, in bolletta) importanti risparmi rispetto agli esosi costi che la municipalizzata deve sostenere per portare (anche) quei rifiuti a spasso per l’Italia. Piuttosto che vendere quella quota, Roma Capitale e Ama avrebbero dovuto rilevare il restante 60% che, a regime, avrebbe reso Ama più “libera” sotto quel profilo, contribuendo a tutelare tanti posti di lavoro”.