103 anni in due e in comune una passione infinita per il calcio. Felice Valente e Fernando Nati, il primo attaccante classe 1971 del Città di Valmontone e l’altro difensore nato addirittura nel 1962 in forza al Real Rocca di Papa, si sono trovati di fronte domenica mattina presso il campo della cittadina lepina.
I due giocatori, che in passato sono arrivati a calcare i campi di Eccellenza, sono amici da tempo e in particolare da quando l’attuale tecnico del Città di Valmontone Pino Di Cori li allenò in Promozione a Palestrina. E’ passato qualche anno da allora, ma non la grandissima voglia di entrambi di stare su un campo di calcio. «E’ veramente una malattia per noi, ma io al suo confronto sono un ragazzino» scherza Valente che è subentrato nel corso del match ed è risultato decisivo, guadagnando il rigore del definitivo 2-2. «Cosa ci permette di continuare a giocare? Sicuramente la passione, poi una genetica sicuramente particolare – rimarca Valente – Non abbiamo mai subito gravissimi infortuni, ma d’altronde se non sei a posto fisicamente non puoi fare un campionato di Prima categoria. Personalmente non ho pretese: vengo qui come se dovessi andare ad allenarmi in palestra, con la differenza che qui mi diverto e pratico lo sport che amo di più. Un sogno, però, ce l’avrei: sono arrivato a quota 288 gol in carriera nei vari anni di prima squadra, vorrei riuscire a raggiungere quota 300».
Di appendere gli scarpini proprio non se ne parla. «Quest’anno ho dovuto aspettare il 20 settembre, non avevo squadra e poi per fortuna è arrivata la chiamata del Città di Valmontone. Ma non avevo intenzione di smettere» rimarca Valente che poi parla dello “stato d’animo” dei suoi famigliari e in particolare della moglie Loretta. «Ormai ha perso le speranze – dice con un sorriso – Ma d’altronde, avendo tre figlie femmine, non ce la farei a passare i week-end a vedere gare di ginnastica o partite di pallavolo…». La chiusura riguarda le prospettive stagionali del Città di Valmontone. «E’ un gruppo valido che sta trovando la quadratura: credo che la squadra non debba porsi limiti, poi alla fine vedremo dove saremo arrivati».