Emergenza rifiuti a Roma. Il punto di Rifiutiamoli dopo il rogo al Tmb Salario
L’incendio del TMB del Salario ha portato la disastrosa gestione dei rifiuti della Capitale alla catastrofe. D’altra parte, da anni i cittadini, e da mesi la nuova amministrazione del III municipio ne chiedevano la chiusura.
Questo incendio, come le decine di altri che imperversano in depositi e impianti di raccolta e trattamento rifiuti in giro per l’Italia, ha crudamente illuminato la scena della gestione, ottusa e criminale, del ciclo dei rifiuti in Italia e nella nostra Regione.
Roma ha bisogno di una vertenza ambientalista
Un tale disastro non si risolverà certo in breve tempo. L’eredità dei governi che si sono succeduti in Regione e nella città di Roma è pesantissima. L’amministrazione regionale in particolare, nella passata e nella presente legislatura, nulla ha fatto per porre rimedio a questa situazione.
Nonostante la promessa di soluzioni da parte di una fantomatica cabina di regia tra Ministero dell’ambiente, Regione Lazio e amministrazione capitolina – che non si è mai riunita- non c’è traccia all’orizzonte di un piano rifiuti regionale che permetta la progettazione, pianificazione e realizzazione di un sistema di gestione che, oltre a esser fondato sulla raccolta differenziata porta a porta in ogni quartiere e territorio, si doti di una impiantistica diffusa basato sulla prevenzione, riciclo ed il recupero di materia.
Questo è il punto: qualunque azione si intraprenda per ridurre il danno di questa situazione catastrofica, nei diversi siti coinvolti, è necessaria un’azione coordinata, l’apertura di una vera e propria vertenza, che superando i molti particolarismi delle lotte ambientali, imponga un coinvolgimento delle lotte nei processi decisionali, la definizione e l’attuazione di un piano dei rifiuti virtuoso nel più breve tempo possibile.
L’esperienza virtuosa dell’osservatorio contro il Tmb Salario, che ha portato a una grande manifestazione di fronte l’impianto, è sicuramente il punto di partenza per questa vertenza ambientalista. Una vertenza che siamo pronti a sostenere e rafforzare.
La questione discarica di Colle Fagiolara
Veniamo alla nostra situazione. La discarica di Colle Fagiolara è stata individuata per conferire la frazione che deriva dalla lavorazione dei rifiuti della città di Roma nel TMB di Rida Ambiente e negli impianti della SAF di Colfelice. La discarica è stata riaperta nel mese di ottobre e ne è stata decretata la chiusura a fine 2019. Ci sono già stati episodi allarmanti di inquinamento odorigeno sofferto dagli studenti – che abbiamo incontrato in assemblea- dal personale dell’IPIA e dai cittadini residenti.
Nel frattempo non ci risultano novità in merito al finanziamento della gestione -detta post mortem- dopo la chiusura dell’impianto e tanto meno di un progetto attualizzato per la sua realizzazione.
Come Rifiutiamoli abbiamo chiesto ufficialmente un sopralluogo a Colle Fagiolara e l’istituzione di un momento pubblico di diffusione dei dati riguardanti il materiale in entrata e relativa provenienza.
L’istituzione di questo momento, oltre ad essere un atto dovuto di trasparenza, è necessario, urgente e dovrà coinvolgere le associazioni, i cittadini e gli studenti della scuola superiore che da anni vivono confinati di fronte la discarica.
Ci è stato risposto di aspettare a causa di lavori in corso, presumiamo per adeguare la struttura dopo lo spostamento dei tralicci. Riteniamo tale risposta insufficiente in quanto se una struttura va adeguata lo è per tutto non solo per una visita di verifica. Sull’adeguamento da tempo abbiamo inviato a tutti gli enti interessati una diffida ben circostanziata sulle carenze strutturali e sulla rispondenza a normative e anche su questo fronte nessuna risposta.
A ciò replichiamo che i cittadini devono essere puntualmente informati di ogni trasformazione, funzionamento e lavoro all’interno di Colle Fagiolara.
Come Rifiutiamoli prendiamo l’impegno per una vigilanza attiva, costante e concreta. Siamo disponibili a collaborare con quanti saranno propensi, fuori dei social network, ad iniziative concrete, cercando di garantire momenti pubblici di confronto e strumenti di informazione. Non ci interessa giocare sugli annunci ad effetto per eccitare gli animi, la situazione è già grave di per sé, tanto meno partecipare agli anticipi di campagna elettorale in cui ci si comincia ad esercitare.
La situazione catastrofica della città di Roma, in cui si innesta l’attività della discarica, pone seri dubbi sulla conduzione di tutta l’operazione di conferimento, a partire dalla qualità del materiale in entrata, al flusso dei camion ed alla sistemazione in discarica. A poco servono le rievocazioni del mostro di Malagrotta, che nulla hanno a che fare con la situazione attuale.
Non nascondiamo il timore di un intervento prefettizio per prolungare la vita della discarica oltre il 2019 in ragione della crisi romana e regionale, in assenza di un piano industriale e finanziario per la sua chiusura.
Mobilitazione, stato di agitazione nel territorio.
A tutto questo si può porre rimedio solo se la mobilitazione della città di Colleferro -e di tutta la Valle del Sacco- si salda con la mobilitazione di tutti i comitati ed associazioni, di tutte le amministrazioni consapevoli di questa necessità -di qualunque colore esse siano- per la realizzazione di un piano alternativo di gestione del ciclo dei rifiuti. L’attuazione capillare della raccolta differenziata porta a porta, nelle percentuali necessarie, richiede non solo una specifica organizzazione tecnica della raccolta, ma soprattutto una straordinaria mobilitazione sociale, anch’essa capillare e diffusa. Non si vince in una condizione di splendido isolamento.
A tutti coloro che oggi giustamente si allarmano, diciamo che la nostra lotta deve avere una prospettiva, obiettivi chiari su cui lottare tutti assieme, con continuità.
Per imporre una svolta radicale è necessario dichiarare uno stato di agitazione permanente sino al raggiungimento dell’obiettivo che riguarda tutti i territori della regione, per imporre la chiusura della discarica di Colleferro alla fine del 2019 con tutte le carte in regola.
Per questo il nostro presidio al quartiere Scalo, contro la riapertura degli inceneritori, resterà aperto. Innanzitutto perché senza un nuovo piano regionale non ci sono garanzie sulla chiusura definitiva del sito, che dovrà essere bonificato e tornare al servizio del quartiere, e soprattutto poiché da oltre un anno costituisce un riferimento concreto per l’organizzazione di qualsiasi mobilitazione.
Sulle forme di lotta siamo pronti al confronto, alla pratica ed alla decisione condivisa.
Al tutti coloro che dall’inizio della nostra lotta ci insegnano col ditino alzato che ‘ben altro bisogna fare’ chiediamo di scendere sul terreno concreto delle proposte.
Noi ci siamo stati, ci siamo e sempre ci saremo.