Errore di comunicazione? Una maglietta messa in vendita da Zalando mostra la mano di una persona di colore che emerge dall’acqua. Secondo i sui critici che hanno segnalato la cosa all’account ufficiale di Zalando, l’immagine che ha scioccato gli spettatori, si riferisce alla questione dei migranti che è al centro del dibattito, che ha finito di mettere il rivenditore on line al centro di aspre critiche.
I tweet non mancano di sottolineare il “cattivo gusto” di questa maglietta. E, come riportato diversi commenti sui siti internet che hanno riportato la notizia, altri hanno sfruttato questa immagine per scopi ideologici. L’immagine lascia infatti intendere che rappresenti un uomo che sta annegando. Inoltre, il modello scelto per indossare la t-shirt è proprio un ragazzo con la pelle scura. Prodotta dalla marca danese Wood Wood, costa 60 euro. Ma è soprattutto la descrizione dell’articolo a lasciare a bocca aperta: “This t-shirt celebrates the simple joys of the natural world”. (“Questa t-shirt celebra le semplici gioie del mondo naturale”). Gli utenti di Facebook, però, la pensano diversamente. «State scherzando?», scrive qualcuno. «Sono senza parole», commenta qualcun altro. E ancora: «Il messaggio che volevano trasmettere doveva essere diverso, giusto? Lo spero, ma quale?!».
Accuse respinte da Zalando, che ha immediatamente fatto dietrofront. «Abbiamo tolto la maglietta dalla nostra piattaforma. Ci scusiamo per qualsiasi interpretazione involontariamente dolorosa». Il caso, assicurano, sarà esaminato più da vicino prendendo contatto direttamente con il produttore. Il marchio di moda, dal canto suo, prende le distanze dalle accuse: «Siamo sensibili alla tragica situazione dei migranti e l’immagine presente sulla maglietta non ha nulla a che vedere con l’attuale crisi. Al contrario, la t-shirt può essere interpretata come un giudizio sul riscaldamento globale e sull’aumento del livello del mare», si legge in una nota. Prevedibile quello è seguito, cioè una lunga serie di tweet indignati, di discussioni su Twitter e Facebook, di critiche nei confronti dell’azienda e del messaggio sbagliato che l’immagine sulla maglietta trasmette ai più.
Da Zalando, che è un’azienda di successo e che, grazie ai prezzi socialmente ed economicamente trasversale, ci si aspetterebbe un messaggio diversamente diverso. O quantomeno una campagna pubblicitaria che non ammetta fraintendimenti. Anche perchè provocare è diventato lo spot preferito dei pubblicitari, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Mentre la nostra associazione si aggiunge alle altre forze che contrastano il fenomeno del razzismo, e al tempo stesso si pone come catalizzatore di quelle forze. In Italia il monitoraggio della pubblicità è affidato all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Il codice dello IAP stabilisce, tra l’altro, che essa deve: “rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni”. Partendo da questo principio, lo “Sportello dei Diritti” quando individua uno spot manda una mail allo IAP affermando che esso contraddice quella norma. Il vantaggio di indirizzare le proteste a questo istituto è che così facendo ci rivolgiamo alle imprese, cioè a chi pianifica e sdogana le réclame. Il nostro intento non è la soppressione di un singolo spot particolarmente denigrante, perché ciò equivarrebbe ad accettare implicitamente tutti gli altri, ma quello di fare continua pressione perché l’intero fenomeno sia ripensato alla luce di una nuova sensibilità emergente.