Salute e benessere

Mangiare 3-4 uova a settimana aumenta il rischio cardiovascolare. A scoprirlo uno studio: nuove ombre sul loro consumo

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Una ricerca della Northwestern University ha scoperto che con circa 300 milligrammi di colesterolo al giorno aumentano il rischio cardiovascolare (+17%) e il rischio di morte (+18%). Secondo la ricerca, mangiare 3-4 uova a settimana aumenta il rischio cardiovascolare dell’8% e il rischio di morte per ogni causa del 6%.

Lo studio effettuato

Si tratta di uno studio basato sull’osservazione che ha coinvolto quasi 30.000 adulti il cui stato di salute e la cui dieta sono stati monitorati per un tempo medio di 31 anni. Un uovo di medie dimensioni pesa 61 grammi, togliendo il guscio si arriva a circa 53 grammi.

Considerando che ci sono 371 milligrammi di colesterolo in media in 100 grammi di uova, significa che mediamente consumando due uova si assumono qualcosa come 371 mg di colesterolo. Dopo decadi di diffidenza contro le uova, poco più di un anno fa scienziati australiani in un trial clinico sull’American Journal of Clinical Nutrition le avevano scagionate mostrando che anche mangiando 12 uova a settimana per un anno non aumentava il rischio cardiovascolare.

Il nuovo studio getta in parte nuovi dubbi sul conto delle uova: “Il nostro studio mostra che se due persone adottano la stessa identica dieta e l’unica differenza sta nel consumo di uova, allora puoi misurare direttamente l’effetto delle uova sul rischio cuore” – dichiara Allen. “Abbiamo visto che il colesterolo, indipendentemente dalla fonte alimentare (è contenuto anche in carne, burro, etc), si associa ad aumentato rischio cardiovascolare”; e in particolare che con 3-4 uova a settimana il rischio cardiovascolare sale del 6% e quello di morte dell’8%. I ricercatori raccomandano di consumare uova con moderazione, pur senza escluderle dalla dieta perché fonti di altri nutrienti preziosi.

La ricerca, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è stata condotta da Norrina Allen della Northwestern University e pubblicato sulla rivista JAMA.