Cinema

Omaggio a Claudio Caligari: ecco chi era uno dei registi italiani più sottovalutati

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Nacque ad Arona (Novara) il 7 febbraio del 1948 e morì a Roma il 26 maggio del 2015 Claudio Caligari. A molti di voi questo nome non dirà niente, ma si tratta di uno dei registi italiani più sottovaluti. Scopriamo chi era attraverso un suo ritratto.

Nato come documentarista, Caligari è balzato recentemente alle cronache perché il suo ultimo film, uscito postumo, è stato in lizza per la lista di Miglior film straniero agli Oscar del cinema 2016. Tuttavia, senza rientrare nella selezione finale che parteciperà alla famosa kermesse. Nonostante si trattasse del suo terzo film, il regista che ha scelto Roma e la periferia come seconda casa, ha una lunga carriera alle spalle.

Il suo primo documentario è datato 1976. Ne seguiranno altri 5, tutti girati tra il ’76 e il ’78. Tempi in cui l’Italia vive il periodo delle contestazioni e degli anni di piombo. Rende nota sin da subito la sua fede politica, e le sue dichiarazioni rimbombano audacemente ancora oggi:

Non sono entrato nelle Brigate Rosse. Era così facile contattare Curcio o Franceschini… Credo mi abbia salvato il cinema. La cosa che anche allora pensavo era “Fai la guerriglia in un Paese col capitalismo avanzato, è chiaro che perdi”.

Iscritto al Movimento ’77 – formazione spontanea composta da esponenti extraparlamentari di Sinistra – fa sue le problematiche dei giovani dell’epoca. Si appassiona al cinema italiano che analizza i problemi degli ultimi, degli emarginati. Per questo non può che seguire da vicino le gesta e le opere di Pier Paolo Pasolini, ma anche di Marco Bellocchio e Marco Ferreri. Provò a lavorare con tutti e tre, ma senza risultati. All’epoca di Salò o le 120 giornate di Sodoma, un assistente di Pasolini gli disse che le selezioni per Aiuto regista erano appena terminate, ma gli assicurò che avrebbe fatto parte del prossimo film del Poeta. Film che iniziò e mai finì – Porno teo Kolossal –, ma non è chiaro se Caligari fosse riuscito a farne parte – probabilmente no.

Omaggio uno dei più grandi registi italiani più sottovalutati: ecco chi era Claudio Caligari

Il suo tratto documentaristico è fortemente influenzato dallo stile realistico della Nouvelle vague. Le prime opere parlano del rapporto tra i giovani emarginati della periferia romana e le droghe. Sarà proprio questo il filo rosso che occuperà tutta la sua produzione. Nei documentari affronta anche la nascita e le dinamiche del Movimento ’77.

Nel 1983 esce il suo primo lungometraggio: Amore tossico.

Il film è girato con pochi mezzi e benché non se ne noti la differenza, gli attori non sono professionisti. Non soltanto si tratta di giovani che non hanno mai recitato, ma per aumentare la credibilità il regista ha scelto tutti tossicodipendenti o persone che avevano da poco superato il problema della droga. La decisione comportò però diversi problemi: talvolta gli attori non si presentavano alle riprese poiché colti da crisi di astinenza – tant’è che nelle scene finali un’attrice è stata sostituita. La resa finale non aveva nulla da invidiare a pellicole con alto budget e attori navigati, tanto che gli vennero assegnati tre premi: Premio Speciale al Festival di Venezia, sezione De Sica; Festival di Valencia, Premio Selezione speciale; Festival di San Sebastian, Miglior interprete femminile a Michela Mioni. I giovani hanno recitato con i loro veri nomi e tra i protagonisti doveva esserci anche Enzo Salvi (in arte Er Cipolla), ma venne arrestato per una rapina a una farmacia di Centocelle poco prima dell’inizio delle riprese. Ispirato alle opere di Pasolini, il film narra le vicende di alcuni ragazzi di Ostia che passano le loro giornate a consumare droga.

Il suo secondo lavoro è L’odore della notte (1998).

Sono passati diversi anni dall’esordio. Nonostante i premi ricevuti e il consenso della critica, Claudio Caligari fatica a trovare fondi per un altro film. Ci riesce soltanto 15 anni dopo. Il suo secondo film è composto da attori professionisti, sebbene ancora giovani. L’atmosfera noir ha un sapore tarantiniano e ancora una volta il tema affrontato da uno dei registi italiani più sottovalutati è quello dell’emarginazione. La pellicola è tuttavia meno riuscita della prima, ma riesce sempre a mantenere un buon livello qualitativo. Nel film si narrano le disavventure di alcuni giovani spiantati che passano la loro vita a rapinare le persone della Roma bene. Gli attori principali ne faranno di strada. Sono Valerio Mastandrea e Marco Giallini.

Il lavoro che lo ha consacrato nell’Olimpo dei grandi registi italiani è però il capolavoro Non essere cattivo (2015).

Ritorna l’ambientazione di Ostia e si rinnova la scelta di attori esordienti. Nella metà degli anni ’90, due amici sono dediti al consumo di stupefacenti. La droga ha fatto un passo avanti: non ci sono più le siringhe di Amore tossico, bensì pasticche e cocaina. La pellicola parla degli escamotage che si ingegnano per sopravvivere a una vita violenta. I nuovi ragazzi di vita pasoliniani affronteranno però tragiche vicende che li porteranno inevitabilmente a cambiare. Sceneggiato dal regista stesso, con la collaborazione di Giordano Meacci e Francesca Serafini, il film ha lanciato due stelle che hanno già iniziato a brillare nel cinema italiano: Luca Marinelli (personaggio cattivo ne il prossimo Lo chiamavano Jeeg Robot) e Alessandro Borghi (protagonista anche di Suburra).

Non essere cattivo è stato girato in parte da Claudio Caligari e terminato da Valerio Mastandrea. Il regista era malato da tempo ed è morto durante le riprese. Mastandrea si era già adoperato in prima persona per reperire i fondi a favore della produzione – nota la sua lettera scritta a Martin Scorsese, che però non ha mai risposto –, e solo l’attaccamento all’amico recentemente scomparso ha fatto sì che portasse a termine il progetto.

Soltanto la partecipazione alla notte degli Oscar e la conseguente vittoria avrebbero dato lustro a un regista quasi totalmente dimenticato dai media – a ricordarlo sono stati quasi esclusivamente, alla loro maniera, i The pills e il critico cinematografico Marco Giusti – e dall’industria cinematografica. Ciò non è avvenuto, ma il suo capolavoro Non essere cattivo ha lasciato un’impronta indelebile nel cinema italiano.

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Ecco dunque chi era Claudio Caligari, e cosa ha rappresentato per un cinema che oggi si dedica sempre più a facili commedie sentimentali e meno all’impegno sociale e alla rappresentazione delle problematiche della società. Prerogativa che da sempre contraddistingue i veri artisti.