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Sanità, fuga dagli ospedali pubblici per turni massacranti, contratti e stipendi bloccati. La denuncia del Coas Medici

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Comitato Salute ed Ambiente Asl Rm5 e Comitato Libero "A Difesa dell'Ospedale di Colleferro" analizzano le ultime sul fronte sanitario locale

“In Italia, il disagio per le condizioni di lavoro genera la continua crescita delle richieste dei Medici dirigenti degli ospedali pubblici sulle modalità sia per accedere alla pensione, sia per potere abbandonare il lavoro ospedaliero. E’ una vera e propia fuga verso lavori  medici a minor disagio, come l’inserimento nelle graduatorie della Medicina di Base o – ancor di più – la richiesta di inserimento nelle graduatorie della Medicina Specialistica Ambulatoriale. Questo sta creando una situazione veramente critica per quanti decidono di rimanere al loro posto”.

È quanto dichiara ALESSANDRO GARAU, segretario nazionale del sindacato COAS MEDICI DIRIGENTI.

“Questa fuga sta producendo per chi rimane – aggiunge GARAU – una situazione paradossale con turni massacranti, trasferte non retribuite ma imposte in orario di servizio, con stipendi fermi al 2006, associati all’assenza da qualsiasi progressione di carriera (se non per pochi eletti) a causa del totale fallimento del sistema degli incarichi istituito negli anni 90″.

“Anche gli ultimi incontri per il rinnovo contrattuale – spiega il segretario del COAS – i cui riti e le cui procedure sono iniziate ormai un anno esatto, sono fermi sull’inserimento delle voci RIA (reddito individuale di anzianità) nel budget per il rinnovo contrattuale”.

“Mancano immediati e chiari investimenti in denaro fresco ed idee – conclude GARAU –  sono giuste le iniziative rivolte ad assumere, ma non sono sufficienti a riempire gli Ospedali di medici, in quanto le normative attualmente in vigore su espletamento di mobilità e concorsi impongono tempi lunghi. Urge quindi riesaminare quali siano le cause della scarsa attrattiva del lavoro negli Ospedali del SSN e, sicuramente, ne possiamo indicare tre:  la retribuzione bloccata da circa 13 anni, il peggioramento della qualità della vita del medico ospedaliero, scarsissime possibilità e probabilità di carriera sia professionale che economica”.