È confermata la chiusura della discarica di Colle Fagiolata, a Colleferro, per il 31 dicembre 2019.
A dare la notizia sarebbe stato Daniele Fortini, amministratore unico di Lazio Ambiente che, ha confermato l’imminente avvio delle operazioni post mortem, a iniziare dalla parte più vecchia della discarica.
La notizia è trapelata dinanzi a una delegazione di 10 persone del movimento “Rifiutiamoli”, in visita proprio alla discarica di Colle Fagiolara giovedì 18 aprile 2019 e davanti al sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna e all’assessore all’Ambiente, Giulio Calamita.
Studenti dell’Ipia in sciopero: non entrano a scuola per via dei miasmi della discarica di Colle Fagiolara
La situazione della discarica è stata molto discussa negli ultimi tempi e a causa del cattivo odore emanato dalla stessa, gli studenti dell’Ipia “Parodi Delfino” di Colleferro, il 16 aprile 2019, hanno scioperato. Un problema concreto, che già nel novembre 2018 aveva portato il sindaco Sanna a dichiarare: “La scuola sarà trasferita e la discarica chiuderà a fine 2019”.
La situazione della discarica
Per ora i rifiuti a Colle Fagiolara sono in continuo aumento e la maggior parte di questi arrivano da Roma, inoltre il cattivo odore sarebbe dovuto al probabile mancato completamento del ciclo di biostabilizzazione dell’immondizia. Proprio per queste ragioni il sito è continuamente monitorato da Arpa.
Di seguito la nota stampa del movimento Rifiutiamoli sui fatti:
“Vista da dentro una discarica di rifiuti ti conferma il pensiero di quanto possa essere stupido l’essere umano, incapace di risolvere problemi complessi da lui stesso creati con soluzioni che aggravano il problema.
Una delegazione del presidio Rifiutiamoli è entrata all’interno della discarica di Colleferro accompagnata dall’Amministratore Unico di Lazio Ambiente SpA, Daniele Fortini, dal Sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, dall’Assessore all’Ambiente del Comune di Colleferro, Giulio Calamita. Le montagne artificiali di rifiuti hanno definitivamente deturpato, lasciando un marchio indelebile sul paesaggio, che non potrà mai essere più ricostruito come all’origine.
La visita è stata l’occasione per un confronto con Fortini, Gli sono state rivolte domande sia di carattere tecnico che economico a cui l’AU di Lazio Ambiente non si è sottratto: ne valutiamo le risposte con la competenza di chi conosce molto bene tutto ciò che gira intorno ad un sacchetto di immondizia.
Impatto odorigeno ossia la puzza
Sull’impatto odorigeno ci ha spiegato che può succedere che il carico di alcuni di camion – provenienti dagli impianti di TMB, nella fattispecie Rocca Cencia, Malagrotta 1 e 2, Rida Ambiente, SAF- non abbia completamente chiuso il ciclo della biostabilizzazione del rifiuto, come avevamo già ipotizzato. Questa risposta però non ci ha convinti del tutto. In pratica secondo lui è naturale che in una situazione continuamente in bilico come quella dei rifiuti nel Lazio, qualcosa possa scappare, inoltre questo residuo dell’indifferenziato trattato nei TMB rientrerebbe- anche in condizioni di contenuto di umidità superiore al previsto- nei codici CER che descrivono il prodotto da conferire, quindi lo si accetta e ci affretta a ricoprirlo di terra , detto in estrema sintesi. Certo non accade tutti i giorni a tutte le ore, ma quando accade l’impatto è molto pesante, come testimoniano gli studenti dell’IPIA, la causa quindi non può essere un singolo camion. La stagione calda si approssima, non sarà accettabile il ripetersi di questa situazione, dovuta alla fretta con cui lavorano gli impianti di trattamento dell’indifferenziato, costretti ad accelerare i tempi a causa della quantità crescente di rifiuto conferito. Si dovrà risalire la catena sino all’origine del malfunzionamento. Durante il giro perimetrale della discarica in alcuni punti abbiamo avvertito il malessere derivante dall’impatto odorigeno, il resto poi lo fanno i venti.
Quantità conferite
Attualmente dopo un periodo iniziale di assestamento in seguito allo spostamento dei tralicci, si è giunti ad un conferimento di rifiuti giornaliero di circa 1.000 tonnellate, un’enormità tradotta in circa 40 camion al giorno. L’AU ci ha confermato il fatto che gran parte di queste 1000 tonnellate proviene da impianti che trattano rifiuti della città di Roma. La discarica di Colleferro è accompagnata nel funzionamento dalla discarica di Viterbo e da quella di Civitavecchia. Quella di Roccasecca della MAD è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato del 21 maggio sulla sopraelevazione autorizzata dal Ministero dell’Ambiente, il che la riporterebbe in auge per un periodo massimo di 14 mesi. Quella di Albano con un residuale di circa 560.000 tonnellate, di proprietà di Cerroni resta, per ora, sequestrata dalla magistratura.
La chiusura
Confermata più volte da Fortini la chiusura alla coltivazione del 31 dicembre 2019, nel frattempo si procede con le fasi iniziali del capping della parte vecchia, quella già chiusa come lotto 12/13 anni fa. Il progetto relativo verrà presentato a breve alla regione Lazio, Piantumazione con alberi ad alto fusto e piante con capacità fito-depurative, un palliativo come lo sono i nebulizzatori per smorzare l’effetto odorigeno, ma d’altronde come ripetuto più volte dall’AU “questa è una discarica”. Con una portata tale di conferimenti a pieno regime come si prevede per i prossimi mesi, si apre anche il sabato e la domenica mattina, poco ci manca che si giunga al riempimento totale della volumetria residua. Nel caso non fosse così si potrà provvedere utilizzando terra, almeno così ci è stato detto, per raggiungere l’ormai famosa conformazione “a panettone”.
I controlli e la sorveglianza
La discarica di Colleferro è continuamente sotto l’attenzione dell’ARPA, che sta intervenendo anche più volte la settimana, della Forestale, del NOE. Per quanto riguarda la sicurezza della discarica è garantita da sistemi di videosorveglianza interni collegati alla sala di controllo degli inceneritori; tra l’altro si sta pensando di utilizzare personale degli inceneritori per il compito di guardania in discarica che attualmente occupa 18 addetti divisi per tre turni.
L’impianto di percolato e biogas
La discarica è dotata di un nuovo impianto di raccolta e trattamento del percolato che sembrerebbe funzioni al meglio con scarico direttamente in fogna o possibile riutilizzo dell’acqua in uscita per altri scopi. Sull’impianto terminale di captazione del biogas meglio stendere un velo pietoso.
A prescindere dal fatto che dopo 7 anni di salita della produzione di biogas in una discarica, la curva scende vertiginosamente per inertizzazione completa del rifiuto, ma lo stesso prodotto oggi è condotto verso le apparecchiature che dovrebbero tramutarlo in energia elettrica, il residuo alla fine si trasforma in emissioni attraverso la combustione in torcia, in quanto la qualità/quantità di metano presente non e sufficiente ad azionare il sistema di produzione di energia elettrica. L’AU ci ha detto che si sta pensando di acquistare un motore più piccolo. Non ha dato una risposta precisa circa il personale, se dotato di corsi specifici sul funzionamento del settore produzione elettrica da biogas.
Post mortem
Sul post mortem giunge la conferma che i soldi ci sono e verranno garantiti dalla regione Lazio, per la prima fase in modo importante, poi a cadenza annuale. Nel frattempo sarà – impropriamente – la regione a dover sopperire alla sparizione dei fondi che dovevano essere accantonati dalle precedenti gestioni, tra l’altro sembra che anche Lazio Ambiente SpA non abbia provveduto all’accantonamento, cosa che invece sta facendo ora da quando sono ripresi i conferimenti da ottobre 2018. La sopraelevazione di 7 metri con tutta probabilità verrà riportata nell’invaso che si è creato dallo spostamento dei tralicci dopo la chiusura del 31 dicembre e a step controllati per non creare disagi.
Il futuro
Scambio di battute anche sull’impiantistica regionale ossia il compound da 500.000 tonnellate previsto a Colleferro dalla linee guida del piano rifiuti, nei cui confronti abbiamo ribadito più volte la nostra radicale contrarietà, su cui l’AU non ha insistito. Fortini ci ha anche detto che Roma Capitale ha presentato 13 proposte progettuali di impiantistica alla regione Lazio che presumibilmente entreranno nel piano rifiuti, ma resterebbe sempre il nodo di una discarica di servizio. Lo stesso dovrebbe valere per le altre province qualora ne fossero sprovviste.
La verità è che dopo il periodo necessario alla sua elaborazione ed approvazione in sede regionale, dovranno passare circa sei mesi per la procedura di VAS, prima che il piano regionale entri in vigore, infine ci dovrà essere il tempo necessario alla realizzazione degli impianti previsti dal piano. Nel frattempo dopo anni di rimpalli tra amministrazione capitolina e regionale, la situazione è diventata più che disastrosa e si può quindi prevedere un periodo ancora lungo di cosiddetta emergenza. In questo contesto la cosa peggiore che può accadere è la ‘guerra tra poveri’, tra le diverse situazioni coinvolte a vario titolo in una gestione priva di sbocchi immediatamente positivi -se non una attenta riduzione del danno- situazione in cui la città di Roma scarica le sue inefficienze sull’area metropolitana ed il resto della regione.
Dobbiamo essere capaci di condurre una dura battaglia comune per imporre la realizzazione nel più breve tempo possibile, con tutte le risorse necessarie, di una gestione e di una struttura impiantistica non più fondate su TMB-discariche ed inceneritori”.