L’Onu, nel 2019, in occasione del sesto Global Environment Outlook, ha lanciato l’ennesimo grido di allarme per quanto riguarda l’emergenza climatica e ambientale: il danno ambientale al Pianeta è talmente grave da minacciare l’intero ecosistema e la salute delle persone, se non si intraprendono azioni immediate.
LEGGI ANCHE: Cisterna di Latina, ore d’ansia per ritrovare Salvatore Gaviano
Sono varie le cause che hanno portato ad un tasso d’inquinamento così elevato ed esteso. Oltre al cambiamento energetico e alla produzione e gestione delle risorse, un altro fattore che ha portato la Terra a queste condizioni di sofferenza sono sicuramente i nostri consumi alimentari. Tutto quello che mangiamo ha un impatto ambientale: in particolare le diete a base di carne e altri prodotti animali sono una delle principali fonti di gas serra. Le attività agricole rappresentano il 24% di tutte le emissioni di gas serra ogni anno, secondo quanto riportato dalle ultime rilevazioni scientifiche.
Secondo la Fao, l’allevamento è l’attività che usa più terra in assoluto: quasi l’80% di tutti i terreni agricoli sono utilizzati nelle coltivazioni per la produzione di mangimi e pascoli. Inoltre i terreni agricoli utilizzati per produrre mangimi stanno eliminando foreste e aree incontaminate e di conseguenza la biodiversità. Gli allevamenti consumano quindi grande risorse per la terra. Nell’inchiesta vengono riportati dei dati allarmanti: per la produzione di un chilo di carne bovina occorrono più di 15 mila litri d’acqua contro i 4000 per un chilo di carne di pollo e i 4000 l per 1 kg di legumi.
Oltre al grave impatto ambientale e le conseguenze nocive per la natura, questo eccessivo consumo di carne rossa ha un effetto fortemente negativo anche sulla salute degli uomini. Sono oramai molteplici (circa 800, secondo quanto riportato nell’articolo) gli studi epidemiologici che hanno dimostrato che il consumo quotidiano di carne rossa è potenzialmente cancerogeno e, le carni trasformate, (affumicate, salate, stagionate) sono certamente cancerogene. Oltre alla correlazione fra consumo di carne rossa e maggior probabilità di sviluppare patologie tumorali, vi è un rapporto diretto negativo anche con altre malattie: nutrirsi maggiormente di carne comporta una maggiore possibilità di imbattersi in malattie cardiovascolari o diabete. Consumare meno carne vuol dire salvaguardare la nostra salute e il pianeta.
Nonostante queste considerazioni e l’esigenza di fare un cambio netto di tendenza, il mondo continua a non voler ascoltare. Secondo l’Onu, senza correttivi, entro il 2050 il consumo di carne bovina aumenterà del 69%. Basti pensare che, a livello mondiale, il consumo di carne pro capite è passato dai 24 kg all’anno del 1964 ai 45 kg del 2015. Addirittura paesi come gli Stati Uniti, l’Argentina e la Nuova Zelanda superano i 100 kg l’anno e, la media Europea, è di oltre i 90 kg.
Le proteine che servono si possono assumere consumando legumi e non carne rossa. Il problema evidenziato allora qual è? L’industria che gira intorno, in maniera diretta e indiretta, agli allevamenti bovini e che distribuisce occupazione a milioni di persone. Si parla di milioni di posti di lavoro e di investimenti che andrebbero convertiti nella produzione di cibo sostitutivo. Un progetto operativo in tal senso non c’è. Finchè c’è la domanda, ci sarà tantissima offerta economica. La chiave per risolvere il problema è quello di iniziare a cambiare le abitudini alimentari di ciascun individuo diminuendo quindi la richiesta di questa tipologia di alimenti.
Per questo oltre a scegliere di non consumare più prodotti animali, per avere un ulteriore impatto sull’ambiente, è importante acquistare prodotti locali: in questo modo si possono ridurre le emissioni in percentuali che vanno dal 20% al 25%. Se possibile, poi, sarebbe auspicabile concentrarsi su prodotti di stagione e possibilmente provenienti da agricolture biologiche: questo tipo di coltivazioni hanno un impatto ambientale molto più ridotto rispetto alle agricolture convenzionali poiché alle aziende biologiche è richiesto di utilizzare fertilizzanti naturali e di evitare i pesticidi chimici.
Sull’argomento si è espresso anche l’Assessore alle Politiche Ambientali del V Municipio di Roma, Dario Pulcini, proponendo sempre soluzioni alternative più salubri e attente alla natura. I consigli si sono concretizzati in un vero e proprio “piano d’azione” che contiene altre importanti linee guida, rivolte ai residenti del Municipio e non solo, su come vivere in maniera ecosostenibile. Il programma, diviso per punti, si chiama “Comincio io” e mostra come, nella quotidianità, si possono cambiare comportamenti e azioni per salvare il nostro pianeta. “Le soluzioni per conservare in buono stato di salute il pianeta terra già ci sono, ora è il momento di metterle in atto. Le nostre scelte di consumo responsabile possono cambiare radicalmente l’impatto negativo delle attività umane sull’ambiente naturale; inoltre acquistare prodotti di economia locale consente di creare nuovi posti di lavoro. Bisogna, ovviamente, agire a più livelli. Solo così, infatti, possiamo sostanzialmente evolvere verso una visione sistemica della tutela dell’ambiente naturale e salvare il nostro pianeta”.