Cronaca

Roma, duro colpo al clan dei Casamonica: 20 arresti il bilancio di una lunga e complessa operazione antimafia

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ROMA – Sferrato duro colpo al clan Casamonica.

La polizia di Stato, su richiesta della DDA ha eseguito 20 arresti per associazione di stampo mafioso, estorsione, usura e intestazione fittizia di beni. Maxi sequestro antimafia di beni ai fini della confisca per 20 milioni di Euro, su proposta del Procuratore della Repubblica e del Questore di Roma.

Alle prime ore di questa mattina, personale del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Roma e del Commissariato di PS “Romanina” hanno dato esecuzione all’Ordinanza Applicativa di Misure Cautelari Personali e Reali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 15 persone destinatarie di custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari.

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I soggetti indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver preso parte all’associazione mafiosa denominata “clan CASAMONICA, in particolare all’articolazione territoriale operante nella zona Romanina-Anagnina-Morena della città di Roma, al fine di commettere:

–          delitti contro il patrimonio (nella specie, usura ed estorsioni), contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi,

–          affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe,

–          conseguire vantaggi patrimoniali dalle attività economiche che si svolgono nel territorio attraverso o la partecipazione alle stesse, ovvero con la riscossione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo,

–          acquisire direttamente o indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche in diversi settori, nonché dei reati fine di estorsione, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e intestazione fittizia di beni, tutti aggravati ex art. 416 bis.1 c.p..

Con il medesimo provvedimento è stato altresì disposto, ed eseguito, il sequestro preventivo dei seguenti beni:

  1. a) quote della GG.AA.S. s.r.l., società tramite la quale venivano gestite in modo occulto l’esercizio commerciale denominato “DEGUSTAZIONE 14” sito in Roma via G. Volpe;

  1. b) quote della M.A. s.r.l.s., fittiziamente intestate, società tramite la quale veniva gestito in modo occulto l’impianto di distribuzione carburanti e l’esercizio commerciale denominato “Leon Bar” entrambi ubicati in San Cesareo (RM) via di Gallicano;

  1. c) terreno sito nel comune di Roma in via Roccabernarda e i fabbricati ivi realizzati tra cui una villa a più piani con relativa piscina fittiziamente intestata;

  1. d) fabbricati ubicati nel comune di Roma via Flavia Demetria fittiziamente intestato;

  1. e) fabbricato ubicato in Monterosi (VT) via degli Uccelletti;

Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 10 milioni di euro.

Contestualmente agli arresti, personale della locale Divisione Polizia Anticrimine- Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni ai fini della confisca emesso dal Tribunale di Roma – Sezione delle Misure di Prevenzione, per un valore di circa 20 milioni di euro, nei confronti del clan mafioso CASAMONICA.

Il provvedimento è stato emesso, ai sensi del T.U. Antimafia, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Roma e del Questore della provincia di Roma, secondo una strategia avviata su impulso del Servizio Centrale Anticrimine in tutto il territorio nazionale.

Le indagini

L’odierna operazione, frutto di complesse e articolate indagini, ha consentito di individuare l’esistenza a Roma di due clan che hanno strutturato un’associazione di tipo mafioso finalizzata, attraverso la commissione di reati fine tra i quali usura, estorsione, esercizio abusivo di attività finanziaria e intestazione fittizia di beni, a procurarsi ingiusti profitti e/o vantaggi per sé e per i membri del sodalizio criminale, per ciascuno dei quali sono stati delineati ruoli e compiti.

In particolare:

C.F. nel ruolo di direzione, con compiti di decisione, pianificazione delle modalità di impiego del denaro provento della illecita attività criminale del clan, provvedendo a impartire disposizioni in ordine al pagamento dei difensori dei sodali arrestati e al recupero delle somme dai soggetti usurati per conto dei sodali arrestati e partecipando personalmente alla realizzazione di molteplici delitti di usura, estorsione e in materia di armi oltre all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

D.S.G nel ruolo di organizzatrice perché, originariamente in qualità di moglie di C.F., e successivamente in virtù del prestigio acquisito, fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione -insieme al figlio C.R. – dei delitti di usura (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

C.R. perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e continuando ad aderire all’attività del sodalizio anche dopo la carcerazione del 2015, mediante indicazioni agli associati di procedere alla riscossione delle rate mensili dei prestiti ad usura erogati nei confronti di molteplici vittime (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

CASAMONICA Christian perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e a diversi delitti di usura e esercizio abusivo dell’attività finanziaria e mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

C.G. perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine, e più in generale mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

C.G. perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine, tra cui usura ed estorsione, e più in generale, mettendosi a completa disposizione degli interessi del clan, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

C.S. perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di molteplici reati fine e cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

P.D. perché, quale stretto collaboratore di C.C. e, più in generale, uomo di fiducia della famiglia facente capo a C.F. (classe 1950), fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, fungendo da collettore degli interessi del clan, provvedendo a raccogliere mensilmente dai singoli usurati il denaro frutto dei prestiti usurari, elargiti dagli appartenenti al clan, e a consegnarlo ai familiari degli esponenti del clan tratti in arresto e, conseguentemente, partecipando alla commissione di molteplici reati fine (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

F.G. perché fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, partecipando alla commissione di reati fine, consentendo all’organizzazione di ampliare sul territorio la propria capacità finanziaria offrendo con il proprio ruolo la necessaria “schermatura” che consente al clan CASAMONICA di acquisire il controllo di attività commerciali (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1);

C.C. perché, in qualità di compagna di C.F., fornisce un costante contributo per l’operatività dell’associazione, contribuendo a mantenere aggiornata la “contabilità” relativa alle somme da riscuotere nei confronti delle persone usurate o comunque oggetto di abusivo esercizio dell’attività di finanziamento, intervenendo nell’attività di recupero mensile dalle molteplici vittime del denaro frutto dei prestiti usurari elargiti dagli appartenenti al clan (artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, 416 bis.1).

L’attività investigativa è stata espletata mediante numerose operazioni di intercettazione e attività di videoripresa supportate da servizi sul territorio, assunzione di informazioni da numerose persone informate sui fatti, riconoscimenti fotografici, perquisizioni e sequestri.

Inoltre, ha avuto un fondamentale input dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui uno intraneo alla famiglia che ha potuto tracciare l’organigramma del sodalizio, riferire in merito alle attività delittuose perpetrate e, soprattutto, spiegare le dinamiche interne alla consorteria, impossibili da ricostruire in altro modo considerato l’utilizzo del sinti, lingua difficilmente decifrabile.

Tali dichiarazioni hanno consentito non solo di riscontrare i singoli episodi delittuosi ma soprattutto di attestare l’esistenza di un sodalizio criminoso caratterizzato, nel suo operare, da modalità evidentemente mafiose.

Tutti i collaboratori hanno descritto chiaramente la particolare struttura del clan CASAMONICA:

un sistema complesso costituito da più nuclei familiari, collegati tra loro in maniera orizzontale e non verticistica, dediti a numerose attività criminali, i quali, pur essendo autonomi, sono sempre pronti a unirsi qualora vi sia necessità di far fronte a pericoli o minacce provenienti dall’esterno, in quanto legati da un comune senso di appartenenza alla medesima famiglia.

La conferma della struttura orizzontale e dell’autonomia delle diverse famiglie che compongono il clan CASAMONICA, proviene direttamente dalle intercettazioni svolte nel corso delle indagini.

Significativa in tal senso è la conversazione in cui il fedelissimo sodale P.D., rispondendo al suo interlocutore sull’importanza del sodalizio criminale al quale appartiene, asserisce esplicitamente “a Roma? la prima!“, confermando altresì l’assenza di una compagine piramidale: “ma non c’hanno una piramidale loro“.

Il senso di appartenenza ad una associazione di stampo mafioso equiparabile alle consorterie “tradizionali” -camorra o la ‘ndrangheta – e il riconoscimento della sussistenza del vincolo associativo vengono ribaditi in modo esplicito nel corso di un’altra emblematica conversazione captata durante l’attività tecnica.

C.G., figlio di C.F., lamentandosi dei provvedimenti giudiziari emessi nei confronti di altri membri del clan, afferma che l’annientamento del sodalizio è finalizzato a consentire alle organizzazioni forti di mettere le mani su Roma:

“DEVONO FAR ENTRARE … DEVONO FAR ENTRARE …ORGANIZZAZIONI FORTI A ROMA ECCO PERCHÈ CE VONNO DISTRUGGE A NOI!! LA CAMORRA E LA N’DRANGHETA”

Sottolineando, poco dopo, che la presenza dei CASAMONICA sul territorio consente di PROTEGGERE la Capitale, sottraendo conseguentemente la città al controllo dei clan camorristici e delle cosche calabresi:

“PERCHÈ I CASAMONICA PROTEGGONO ROMA ..INVECE HANNO STUFATO… I NAPOLETANI VONNE ENTRA’..LA CAMORRA VO’ ENTRA’ A ROMA E I CALABRESI VONNO ENTRA’ A ROMA. JE DA FASTIDIO PERCHÈ NOI PROTEGGEMO ROMA”

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Nel corso delle attività è stata ricostruita la storia dei due gruppi familiari nel corso dell’ultimo ventennio – anche attraverso l’acquisizione dei diversi provvedimenti adottati nel tempo dall’Autorità Giudiziaria – e si è riscontrato che le attività illecite, commesse dai componenti dei due sodalizi criminali, sono rimaste quasi del tutto immutate.

I due nuclei familiari dei CASAMONICA – strettamente legati da vincoli di parentela – hanno operato in diversi quartieri della Capitale (Romanina, Anagnina, Tuscolano) nonché verso i comuni limitrofi di Grottaferrata, Frascati, Albano, Monte Compatri e San Cesareo, radicandosi sul territorio nel corso di oltre vent’anni e riuscendo a ostentare, per il solo fatto dell’esistenza di un gruppo egemone di una comunità etnica di cospicue dimensioni presente sul territorio di Roma, una capacità di intimidazione effettiva.

Le dichiarazioni rese dai collaboratori – tutte coincidenti sul tema dell’utilizzo del metodo mafioso, dell’individuazione di un effettivo potere di intimidazione manifestato dal clan CASAMONICA e sulle condizioni di assoggettamento delle vittime – hanno rinvenuto numerosi elementi di riscontro, anche in merito alla realizzazione di innumerevoli reati scopo quali usura, estorsione, esercizio abusivo di attività finanziaria e intestazione fittizia di beni.

Le conversazioni telefoniche e ambientali intercettate, dal contenuto esplicito e inequivocabile, hanno ulteriormente corroborato la metodologia mafiosa e la conseguente omertà delle persone offese, molte delle quali hanno manifestamente negato il loro ruolo di vittime, non offrendo alcuna collaborazione e non riconoscendo l’Autorità dello Stato.

Tale situazione ha dimostrato come il clan CASAMONICA si sia imposto e sia stato percepito dalla generalità delle persone che abitano nella zona di influenza del sodalizio come una struttura che ha affermato il proprio predominio sul territorio.

In particolare, è emerso che le persone offese, una volta ricevuto un prestito dai CASAMONICA, non riescono più a sottrarsi alle richieste di denaro da parte degli indagati, stabilendo, di fatto, “un legame a vita” con i creditori.

Le risultanze investigative hanno evidenziato, infatti, l’aumento degli interessi in caso di omesso pagamento delle rate nonché le gravi minacce e intimidazioni dirette al recupero forzoso del credito, attuate mediante uno schema di azione ampiamente noto e collaudato, già emerso nei numerosi processi celebrati nei confronti degli appartenenti al clan CASAMONICA.

Schema che è stato posto in essere indifferentemente da ciascuno dei partecipi al sodalizio – a conoscenza del credito da riscuotere, anche quando concesso da altri associati, del tasso imposto e delle scadenze- con la finalità precipua di costringere la vittima, in caso di ritardo, a corrispondere, a titolo di interesse, somme sempre più elevate, in modo da impedire la restituzione del capitale e tenere gli usurati in uno stato di totale soggezione e asservimento.

Al riguardo, le modalità di recupero dei crediti, attestanti l’esercizio della forza di intimidazione proprio delle consorterie mafiose, sono risultate caratterizzate da più fasi di pressione crescente, sino a sfociare in atti di violenza morale e fisica nei confronti delle vittime e, quindi, in condotte di natura estorsiva, in quanto oggettivamente prive di giustificazione e fondate esclusivamente sulla forza di intimidazione del gruppo, il quale, a volte, non ha neanche la necessità di far ricorso a minacce esplicite per ottenere la consegna di quanto indebitamente preteso.

Gli atteggiamenti di prevaricazione, le minacce e i metodi violenti sono stati ampiamente documentati dalle operazioni di intercettazione.

C.F., dinanzi alle giustificazioni di un usurato, esprime senza mezzi termini le gravi conseguenze fisiche scaturenti dai mancati pagamenti:

“Senti..mo scenno lo sai dove te butto io a te? … mò te darei na bastonata in testa..te spaccherei la testa!!…..le mascelle te romperebbi io!!.”

Ancora, C.C., minaccia pesantemente la propria vittima, colpevole di non aver consegnato il denaro:

“Ma tu non ci credi io che ti faccio a te tu a me me sa che non mi… tu a me…tu non vuoi crede che se voglio io ti prendo…non vuoi capire.”

Inoltre, non contento delle rassicurazioni fornite dall’usurato, il CASAMONICA continua a intimorire l’interlocutore dando seguito a una serie di imprecazioni:

“Mi hai rotto il cazzo…mi hai rotto il cazzo…mi hai rotto il cazzo…bocchinaro…mi hai rotto il cazzooo…come te lo devo dire che mi hai rotto il cazzo? che hai deciso?”

Dalle indagini è emersa altresì la partecipazione da parte di altri membri, anche non di etnia sinti, che hanno fornito un contributo anche materiale, con la messa a disposizione di ogni risorsa personale per qualsiasi impiego criminale richiesto, rafforzando il proposito criminoso e la potenzialità operativa del sodalizio.

Emblematico, al riguardo, un episodio in cui P.D. – dovendo recuperare un credito conseguente ad un prestito erogato da C.C. – manifesta la propria arroganza e capacità intimidatoria, dovuta al fatto di esser riconosciuto come intraneo al clan CASAMONICA, colpendo un usurato, per il ritardo accumulato nel corrispondere le rate del prestito, con uno schiaffo al viso sulla pubblica via.

Di tale condotta, il sodale P.D. si vanta proprio con C.C. esaltando le proprie “gesta”:

“…ma va va.. aho te sei perso una scena…ti sei perso il tuo nipote in azione… dico te sei perso tu nipote in action…giubbone in action… …ancora sta a cerca’ l’occhiali, non lo so…sta ancora a cercalli…”

Inoltre, a riprova delle piena condivisione della metodologia mafiosa utilizzata, estremamente significativo il commento di M.D., compartecipe nella condotta estorsiva, il quale definisce “educativa” la sberla data da P.D., sottolineando anche la funzione di monito del violento atto:

“No educativa…pam secca tu c’hai una bella mano quindi quando gliel’hai data pam si è sentito un bello scrocchio secca educativa…infatti hai visto non è che gli è uscito il sangue o  niente… …. è..invece gliel’hai data educativa solo per dire :”pezzo di merda che voi l’altre?”

Importantissimo riscontro, in ordine alle illecite attività di usura e di esercizio abusivo del credito posta in essere dagli appartenenti alla famiglia CASAMONICA, è stato ottenuto all’esito della perquisizione eseguita presso un terreno, sito in località Ciampino, sottoposto a confisca con un provvedimento emesso nel 2017 dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di C.G..

Nel corso dell’attività di p.g., infatti, è stato rinvenuto, abilmente occultato sotto terra, un involucro completamente avvolto da nastro isolante che custodiva assegni bancari – chiaramente rilasciati dalle vittime a garanzia del prestito ottenuto – e alcuni manoscritti contenenti le liste dei nomi degli usurati, con l’indicazione, per ciascun soggetto, del giorno del mese in cui effettuare il pagamento degli interessi, dell’importo della rata mensile e dell’ammontare del denaro prestato, ossia il capitale da restituire.

Parimenti, ulteriori riferimenti a prestiti di natura usuraria, sono stati rinvenuti in altra documentazione trovata in possesso di coloro che hanno agito per conto del clan, come D.A.M. e I.P..

In particolare, i citati soggetti sono stati trovati in possesso -rispettivamente e in distinte circostanze- di buste da lettera sul cui retro erano elencati una serie di nominativi associati all’ammontare del denaro, in alcuni casi incassato e in altri no, e di un’agendina sulla quale erano segnati dei soprannomi contraddistinti da utenze telefoniche e da una o più cifre.

L’analisi di tale documentazione ha consentito di rilevare l’esatta corrispondenza di alcuni nominativi e/o pseudonimi con quelli presenti sulle liste sequestrate in occasione della perquisizione effettuata nel citato terreno confiscato.

I conseguenti accertamenti, inoltre, supportati dalle risultanze dell’attività tecnica, hanno permesso di ricostruire i delitti di usura e/o estorsione commessi dal clan CASAMONICA nei confronti di oltre trenta persone, nonché l’esercizio abusivo del credito verso circa 50 soggetti.

L’inchiesta giudiziaria ha per di più comprovato la rilevante disponibilità di denaro da parte degli appartenenti al clan CASAMONICA, quale provento delle attività illecite, atteso la pressoché inesistenza di redditi ufficiali.

Analogamente, è stata documentata la maggiore cautela adottata negli ultimi anni – soprattutto a seguito delle misure di prevenzione patrimoniali adottate dall’Autorità giudiziaria così come del clamore mediatico generato dal funerale di C.V. – che ha indotto a preferire investimenti non tracciabili (acquisti di auto, abbigliamento e accessori di lusso, tutti rigorosamente in contanti) o l’utilizzo di prestanome di assoluta fiducia.

I proventi dell’attività illecita acquisiti dagli indagati, oltre ad essere destinati al sostentamento delle famiglie dei detenuti e per il pagamento delle spese legali, sono stati investiti mediante occultamento dei reali titolari dei beni e intestazione a soggetti prestanome, continuando invece i CASAMONICA a gestire di fatto le attività, così come gli immobili, e ad acquisire i relativi introiti utilizzati per il sostentamento della vita dell’associazione medesima.

In particolare, è emerso un grave quadro indiziario in ordine all’acquisizione della società l.m.a. s.r.l.s. -intestata fittiziamente a F.G., compagna di C.C.- tramite la quale quest’ultimo gestiva in modo occulto l’esercizio commerciale “Leon Bar” (ora “Bilionare Cafè”) e l’impianto distributore di carburanti ubicati a San Cesareo in via Gallicano.

Il clan CASAMONICA, attraverso l’esposizione debitoria di B.A., è riuscito a subentrare nelle attività commerciali dallo stesso gestite, secondo la strategia esplicitata da C.C., il quale si è avvalso della sua compagna per non figurare direttamente quale titolare della società, con l’evidente finalità di scongiurare in futuro il sequestro dei beni.

L’ingerenza del sodalizio finalizzata all’acquisizione delle attività commerciali è risultata dal contenuto dei dialoghi intercettati, molti dei quali assolutamente espliciti, idonei a comprovare l’obiettivo, poi attuato, di acquisizione del Leon Bar, bar tabacchi con licenza per slot machine, al quale è annesso anche un distributore di benzina.

Altrettanto eloquenti i dialoghi inerenti l’obiettivo preordinato di C.C. di costituire una società per la gestione del bar, amministrata dalla compagna F.G., nonché di affidare la predetta gestione all’indagato P.D., che ha anche contribuito all’attività preordinata all’attribuzione fraudolenta.

Altra vicenda riguarda l’intestazione fittizia delle quote sociali della “GG.AA.S srl”, società tramite la quale C.G. e C.S. hanno gestito in modo occulto l’esercizio commerciale denominato “Degustazione 14“, sito in via Gioacchino Volpe.

Il complessivo materiale probatorio acquisito nel corso delle investigazioni ha reso evidente come la titolarità delle quote societarie -formalmente intestate per il 99% a M.M.L. – di fatto è stata rilevata con il provento dell’illecita attività di usura ed esercizio abusivo di attività finanziaria, al fine di affermare la propria egemonia sul territorio, di acquisire il controllo delle attività economiche e di procurarsi ingiuste utilità, in attuazione degli scopi e degli obiettivi dell’associazione criminosa della quale C.G. e C.S. fanno parte.

Nel corso delle indagini sono stati raccolti gravi elementi probatori anche in merito alle intestazioni fittizie delle ville ove dimorano rispettivamente C.G. (classe 1950) e il figlio C.G., ovvero quelle site rispettivamente in via Flavia Demetria e in via Roccabernarda.

L’attività investigativa ha confermato che al fine di ostacolare l’adozione di misure patrimoniali, gli appartenenti al clan nel corso degli anni hanno modificato i luoghi di residenza al fine di rendere maggiormente difficile l’individuazione dei nuclei familiari effettivamente presenti presso un determinato domicilio.

In particolare, gli accertamenti consentivano di ricostruire le vicende intercorse nel tempo in ordine alla proprietà della villa sita in via Flavia Demetria.

L’immobile era stato acquistato nel 1986 da C.G., all’epoca minorenne, al prezzo di 70 milioni di Lire, cifra ragguardevole per quei tempi, soprattutto per un soggetto privo di redditi, così come senza alcun reddito sono risultati gli altri familiari.

Dopo qualche anno l’immobile, che nel frattempo a seguito di ristrutturazioni e migliorie aveva subìto un notevole incremento di valore, è stato donato a C.M., sorella di C.G. (classe ’50), la quale poco prima aveva fissato la residenza proprio in via Flavia Demetria.

Ulteriore donazione viene poi effettuata dopo dodici anni: l’immobile viene devoluto a C.G., figlio di C.G., nonché nipote di C.G. (classe ’50), che all’epoca non aveva 5 anni. Tale donazione viene effettuata proprio da C.G. (classe ’50), quale procuratore speciale della sorella C.M., la quale trasferisce la sua residenza altrove.

Nonostante le varie intestazioni immobiliari succedutesi nel tempo e le molteplici variazioni degli indirizzi di residenza, è stata comprovata la piena disponibilità dell’immobile in capo a C.G. (classe ’50) e alla moglie D.S.A., i quali risultano attualmente residenti in via Modesta Valenti, “domicilio virtuale” che viene indicato per consentire l’iscrizione anagrafica ai soggetti senza fissa dimora.

Altro immobile di fatto riconducibile ai predetti è risultato quello sito a Monterosi (VT), fittiziamente intestato, anche in questo caso, a un nipote minorenne.

Anche l’ipotesi della riconducibilità della villa di via Roccabernarda a C.G. è stata pienamente comprovata dalle attività investigative.

Le operazioni di intercettazione, suffragate dagli accertamenti documentali, hanno permesso di ricostruire la vicenda relativa al possesso da parte del CASAMONICA del terreno su cui sorge la suddetta villa.

In particolare, C.G. si è avvalso della sorella C.D. per non figurare direttamente quale titolare del terreno e degli immobili ivi posti nella sua completa disponibilità, con l’evidente finalità di scongiurare in futuro il sequestro dei beni.

Il tutto con il contributo offerto dagli indagati P.L e P.A. che hanno curato tutti i profili amministrativi della pratica sia per raggiungere l’accordo con il comune di Frascati per la stipula dell’atto conciliativo per il passaggio di proprietà in favore di C.D. del terreno originariamente occupato abusivamente sia per il rilascio della concessione in sanatoria per gli immobili abusivi edificati sul predetto terreno.

L’operazione “Noi proteggiamo Roma” ha svelato l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo mafioso, quale è quella dei CASAMONICA, che ha provocato un profondo degrado sul territorio, consentendo il dilagare di reati gravissimi e lesivi di beni primari.

Un sodalizio che ha fondato la sua potenza sull’organizzazione a base prevalentemente familistica e sulla ripartizione delle competenze, consentendo al complesso dei soggetti chiamati a rispondere anche solo di reati satellite di gravitare in un’area di impunità, scaturente dalla forza evocativa e intimidatoria del nome CASAMONICA.

Gli odierni arresti intervengono per di più in una situazione di criticità economica delle aziende e delle famiglie causata dall’emergenza epidemiologica da covid-19, che sta determinando gravissimi effetti sul tessuto economico e produttivo dell’intero Paese.

In tale contesto di difficoltà e di estrema fragilità economica e sociale della cittadinanza, viene così scongiurato il pericolo del ricorso a forme illecite di finanziamento per il conseguimento di immediata liquidità e di conseguenza la reiterazione da parte degli indagati dei delitti contestati.