Cronaca

Pomezia ed Ardea inquinate dalla mafia catanese, 31 arresti: le condanne del giudizio abbreviato

Condividi su Facebook Condividi su Whatsapp Condividi su Telegram Condividi su Twitter Condividi su Email Condividi su Linkedin

Pomezia, Torvaianica ed Ardea sono risultate dalle indagini come zone operative di un clan di mafia catanese.

Operazione “Equilibri”

Il 4 giugno 2020 i carabinieri del R.O.S. hanno eseguito, nelle province di Roma e Catania, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, che ha condotto a 31 arresti (28 in carcere e 3 ai domiciliari) per associazione di tipo mafioso, nonchè per i reati – aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose – di estorsione, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento personale.

I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa, condotta dal R.O.S. tra il 2014 e il 2017 e coordinata dalla D.D.A. di Roma, che ha – per la prima volta – disvelato l’esistenza di un sodalizio mafioso, c.d. “clan FRAGALÀ”, composto prevalentemente da membri dell’omonimo nucleo familiare, di origini catanesi ma da anni trapiantato in provincia di Roma, la cui operatività criminale era estesa al quadrante sud dell’area metropolitana della Capitale ed in particolare ai comuni di Pomezia, Torvaianica e Ardea.

Le indagini, corroborate anche dai riscontri alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, hanno consentito di ricostruire l’organigramma del clan, individuando F.A. (61 anni), il nipote F.S. (41 anni) e D.A.S. (61 anni), quali soggetti aventi funzioni direttive, in costante contatto con gli ambienti mafiosi catanesi sia per la gestione dei traffici illeciti, sia per il reclutamento di manodopera criminale per lo svolgimento delle attività delittuose in territorio laziale.

Un ruolo di rilievo era altresì rivestito da F.A. (40 anni), figlia di F.A. (61 anni), elemento di cerniera tra il padre e la vita pubblica pometina, con il compito di curare le relazioni e i contatti con esponenti delle professioni, della pubblica amministrazione e della politica locale, anche in ragione del suo percorso professionale e nell’associazionismo di categoria, finalizzati ad infiltrare e condizionare la vita politica e la pubblica amministrazione pometina.

Altra figura di centrale importanza investigativa si è rivelata quella di uno storico pregiudicato di origini palermitane legato a “Cosa nostra”, già uomo di fiducia a Roma del boss Pippo CALÒ, ovvero D.A.F. (83 anni), destinatario del provvedimento cautelare in esame per il reato di concorso esterno nell’associazione mafiosa facente capo al clan FRAGALÀ.

Il D.A.F., pienamente inserito nelle dinamiche mafiose del territorio romano, dove risiede stabilmente da anni, ma capace di mantenere relazioni di elevato livello anche al di fuori degli ambienti criminali, è emerso per autorevolezza e prestigio mafioso, intervenendo a tutela e in rappresentanza degli interessi del clan FRAGALÀ nell’ambito delle controversie con altre organizzazioni criminali operanti nella capitale, fornendo così un importante contributo alla conservazione e al rafforzamento del clan.

LEGGI ANCHE – Pomezia, quando un film diventa realtà: donna delinquente ricorre a continue gravidanze pur di evitare l’arresto. Condannata a 30 anni di carcere

Relativamente alle attività illecite perpetrate dal sodalizio, sono stati documentati:

–     consistenti traffici di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, marijuana e hashish, individuando i canali di approvvigionamento (Colombia e Spagna) e le relazioni funzionali allo sviluppo di tali interessi criminali, intessute con:

×        una componente del clan dei Casalesi. Nel corso del biennio 2014-2016, le due strutture mafiose giungevano finanche a federarsi, elaborando obiettivi comuni e condividendo risorse economiche ed armi;

×        soggetti riconducibili ai clan SANTAPAOLA e CAPPELLO di Catania;

–     diversi episodi estorsivi, attuati con metodo mafioso, nei confronti di imprenditori locali anche sotto forma di “recupero crediti”, nonché approvvigionamenti di armi clandestine e di materiali esplodenti per il compimento di attentati/danneggiamenti a scopo intimidatorio;

–     dinamiche associative, riguardanti i rapporti tra le diverse organizzazioni mafiose operanti nella Capitale, finalizzate a comporre i dissidi secondo un sistema condiviso di valori e principi mafiosi, in funzione di un comune interesse al mantenimento di rapporti pacifici per esigenze di autoconservazione.

Infine, nel corso delle indagini, oltre all’effettuazione di numerosi riscontri investigativi, è stato sventato, poche ore dopo la sua consumazione avvenuta a Torvaianica il 03.03.2016, il sequestro di F.I., il cui movente era connesso ad una controversia sorta in merito al pagamento di una partita di stupefacenti tra il clan FRAGALÀ ed esponenti del clan CAPPELLO di Catania.

Sentenza di condanna a seguito di giudizio in abbreviato

Il 16/06/2020, il GUP del Tribunale di Roma (Dott. Claudio Carini) ha emesso sentenza al termine del processo, con giudizio abbreviato, nell’ambito del procedimento in titolo.

L’odierna sentenza definisce in primo grado la prima tranche del procedimento di cui sopra. Per altra, più ampia parte degli imputati, è in corso, innanzi al Tribunale di Velletri, il giudizio dibattimentale.

Nell’ambito della stessa indagine, condotta dal ROS Carabinieri, il 4 giugno 2019 fu data esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di numerosi soggetti.

LEGGI ANCHE – Operazione “Shoes”, vasto spaccio di droga e detenzione di armi: arresti anche ad Ardea e Nettuno

Con l’odierna sentenza, sono state inflitte condanne nei confronti dei seguenti imputati:

1.    D.A.V. colpevole del reato di cui all’art. 416 bis e  629 c.p. e art 73 D.P.R. 309/90 I comma,  per aver partecipato, nel territorio laziale e segnatamente nella città metropolitana di Roma, in Pomezia, Ardea e Torvaianica e nella relativa area litorale, ad un’associazione di tipo mafiosa volta a commettere delitti di estorsione aggravata, detenzione e porto di armi esplosivi, traffico di stupefacenti e altro e per acquisire in modo diretto o indiretto il controllo di attività economiche e segnatamente di esercizi commerciali. Nello specifico svolgeva il ruolo di factotum del reggente dell’organizzazione mafiosa, concorrendo in prima persona nella consumazione dei reati di estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e di raccordo con la mafia catanese. Condannato alla pena di anni 14 e 44.000 euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale e dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata della condanna, nonché della misura di sicurezza della libertà vigilata per anni tre;

2.    C.E., colpevole dei reati di cui all’art. 10,12,14 L. 497/74 e art 73 D.P.R. 309/90, aggravati dal fine di agevolare l’associazione mafiosa. Nello specifico deteneva illegalmente e portava in luogo pubblico un ‘arma comune da sparo consegnandola al capo dell’organizzazione mafiosa e acquistava unitamente ad altri un quantitativo di 15 kg di sostanza stupefacente di tipo hashish. Condannato alla pena di anni 10 di reclusione e 40.000 euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena inflitta, nonché della misura della libertà vigilata per due anni;

3.    I.R. colpevole del reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90 I comma e art. 416 bis 1 c.p. poiché importava, trasportava e vendeva sostanza stupefacente tipo marijuana con la finalità di agevolare l’associazione mafiosa. Condannato alla pena di anni 8 e 4 mesi e 32.000 euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale per la durata della pena nonché alla misura di sicurezza della libertà vigilata per due anni;

4.    L.F. colpevole del reato di cui all’art. 629 comma 1 e 2 c.p., 628 comma 3 nr.1 c.p. e art. 416 bis.1 c.p. Nello specifico, in concorso ad altre persone, avanzava richiesta estorsiva, costringendo la vittima a versare una somma imprecisata di denaro, non superiore a 67.000 euro da utilizzare al fine di agevolare l’attività dell’associazione. Condannato alla pena di anni 7 e mesi 4 di reclusione e 10.000 euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena nonché alla misura della libertà vigilata per due anni;

5.    M.E., colpevole del reato di cui all’art. 73 I comma D P R 309/ 90 e art. 416 bis.1 c.p. Nello specifico, unitamente ad altri soggetti cedeva sostanza stupefacente di tipo cocaina per una somma pari a 130.000 euro, con la finalità di agevolare l’associazione mafiosa. Condannato alla pena di anni 7 di reclusione e 28.000 euro di multa, oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena inflitta nonché alla misura di sicurezza della libertà vigilata per due anni;

6.    M.M.: colpevole del reato di cui all’art. 73 I comma D P R 309/ 90. Nello specifico trasportava 15 kg. di sostanza stupefacente del tipo hashish. Condannato alla pena di anni 7 di reclusione e 24.000 di multa oltre alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena inflitta nonché alla misura di sicurezza della libertà vigilata per due anni.

FOTO DI REPERTORIO