A chiudere l’esperienza della Valsacco, nel territorio della Valle del Sacco, concorrono diversi fattori. Riprendendo le parole di Colajacomo “nel 1903 la società Valsacco [è] costretta a interrompere la lavorazione delle barbabietole e trasferisce parte dei suoi impianti a Poggio Reale, vicino Napoli”. (p. 183) Presso la fabbrica di Segni scalo rimane soltanto la lavorazione dei bassi prodotti (melasse) successivamente spediti nei nuovi stabilimenti nel napoletano.
La cessazione della produzione di zucchero dalle barbabietole porta ad un graduale e progressivo abbandono delle case da parte dei nuovi abitanti e il loro ritorno ai paesi di provenienza. Ma quali sono i motivi di questa conclusione a soli cinque anni dalla nascita? Sempre secondo Colajacomo negli agricoltori della zona si è creata “una situazione di incertezza che mette in crisi lo zuccherificio.” La situazione, per Colajacomo, è determinata da una politica fiscale del governo del Regno che rialza i prezzi del grano “tanto che ai contadini non conviene più coltivare la barbabietola, ma tornare alla coltura granicola.” (p. 182)
Oltre a questi c’è un altro motivo che si aggiunge. A contribuire alla fine dello stabilimento lì dove era nato è la notizia inaspettata della morte suo maggiore sostenitore. Giacinto Frascara, secondo quanto è stato visto in precedenza, muore improvvisamente nel 1903 all’età di 43 anni.
Ragioni economiche e opportunità finanziarie decidono il destino dello stabilimento della Valsacco dove era stato costruito. La società rimane in piedi ma la lavorazione della barbabietola viene spostata nel napoletano per continuare la produzione di zucchero.
Nel territorio della stazione di Segni scalo, dove nasce l’originaria struttura, si assiste, per alcuni anni, ad un lento ma graduale declino. Solo l’arrivo di una nuova industria, nel secondo decennio del Novecento, risolleva l’intera zona e, anzi, cambia il destino di un intero territorio.
Ma questa è un’altra storia.