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È giusto cambiare il nome di piazzale dei Partigiani per (ri)dedicarlo ad Adolf Hitler?

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Durante un’intervista, Michel Platinì disse di non volere che gli si intitolasse una via, uno stadio o quel che sia per il motivo che se un giorno dovesse dare il cattivo esempio, il significato simbolico dell’intitolazione sarebbe totalmente ribaltato. Forse basterebbe solo questo a spiegare il perché sia sbagliato intitolare una via ad Adolf Hitler. E no, non è assolutamente parlare di cancel culture o di vergognarci della nostra storia in questo caso.

Un po’ di storia

Adolf Hitler visitò Roma dopo aver sottoscritto l’asse Roma Berlino i primi di maggio 1938. L’attesa per la sua visita e la volontà di far bella figura di Benito Mussolini, accolto con tutti gli onori meno di un anno prima a Berlino, era molta. Già nel gennaio del 1925, il Duce aveva assunto poteri dittatoriali.

Stupito dai larghi spazi della Capitale tedesca, decise di predisporre dei lavori di potenziamento delle stazioni romane per accogliere al meglio il Fuhrer e intitolare il piazzale e la via che portavano a Piazzale Ostiense al dittatore austriaco. Nacque così piazzale Adolf Hitler. 

Dopo la guerra, via Adolf Hitler e piazzale Adolf Hitler mutarono rispettivamente in viale delle Cave Ardeatine e Piazzale dei Partigiani. 

Perché le vie hanno i nomi di personaggi storici

Prendendo uno stralcio da un sito di un Comune italiano, in merito all’intitolazione delle vie, si legge che

Avere la possibilità di proporre l’intitolazione di vie, piazze o palazzi a persone che si sono distinte per qualche cosa di importante è un’opportunità a disposizione di tutti cittadini o le associazioni, che possono proporre l’intitolazione di una nuova strada, piazza o altro luogo pubblico della città a una personalità illustre deceduta, per ricordarne i meriti“.
Ecco, intitolare una piazza ad Adolf Hitler è quanto di più contrario da quanto riportato sopra. E non ci si può appigliare alla cancel culture o al voler nascondere il nostro passato. Se il piazzale ha cambiato nome è perché (per fortuna) la dittatura è finita e confermare alcune decisioni prese da chi comandava sarebbe stato a dir poco sbagliato nei confronti di tutte le persone morte a causa del nazi-fascismo, e non solo.
Vedere una via associata a un nome che non conosciamo ci fa pensare in automatico che quella figura storica si sia distinta per particolari meriti e dunque diamo per scontato sia stata persona “giusta”. Inutile dire che sono stati molti i casi in cui le vie sono state dedicate a persone che oggettivamente tutti questi meriti non li avevano e il motivo è proprio perché spesso sono provvedimenti che prende a discrezione l’Amministrazione comunale di una città.

Se ad esempio un Sindaco ha avuto una lunga militanza in un Partito, sarà orientato a intitolare vie in base alle sue personali ideologie. Tutt’ora in alcuni Comuni italiani ci sono delle vie dedicati a personaggi a dir poco discutibili, e non stiamo parlando (solo) di personaggi storici di Destra. La motivazione per la quale si intitola una via è comunque di per sé una scrematura, che cerca di evitare di rendere merito a una persona sbagliata.

Sulla cancel culture e il revisionismo storico

Un esempio di cancel culture può essere la demolizione di molte delle strade storiche completamente rivisitate dal fascismo per imporre la propria architettura-urbanistica. Ancora un esempio del voler cancellare la storia è quello legato a chi voleva eliminare la scritta Dux dall’obelisco del foro italico. Un altro modello di cancel culture è quello di censurare nomignoli e conversazioni di opere artistiche del passato, che altro non erano che rappresentazioni dei codici culturali dell’epoca, per evitare che gruppi di pressione eccessivamente sensibili possano offendersi (con lo scopo reale di non perdere consumatori). Ecco, questa è cancel culture.
Vedere il nome di una via ci porta acriticamente a pensare che la persona a cui è stata intitolata si sia distinta per particolari meriti. Vedere opere storiche-artistiche-architettoniche appartenenti a momenti oscuri del nostro passato è giusto perché non è un qualcosa che giudichiamo in maniera acritica. Ci informiamo sui motivi per cui sono state erette, ne giudichiamo la bellezza (laddove ci sia) e soprattutto ci insegnano a non dimenticare mai cosa significa vivere in una dittatura. Ecco perché diversi campi di concentramento sono tuttora visitabili e non sono stati distrutti. Questa è la nostra storia da non cancellare, che ci insegna qualcosa.

Sulla libertà di opinione

Libertà di opinione significa esprimersi su qualsiasi argomento e avere anche un pensiero che non necessariamente si conformi a quello dominante. E’ un bene perché spesso stimola la riflessione, soprattutto in un periodo storico in cui la possibilità di personalizzare le fonti mediatiche da cui trarre informazioni porta a una polarizzazione talvolta estrema. Difenderla è importante.
Ma anche qui non bisogna confondere libertà di opinione con possibilità di poter dire qualsiasi cosa senza giustificarla accuratamente. Esprimere un’opinione e cercare di corredarla con argomentazioni solide è un dovere di ogni persona, a maggior ragione se utilizza i media per esprimerla e se è un personaggio pubblico. Questo è ciò che dobbiamo impegnarci a fare (anche sbagliando, ma in buona fede) se vogliamo difendere veramente la libertà di opinione.