Appia. Nella mattinata odierna, all’esito di una complessa e articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, tre componenti di una stessa famiglia sono stati arrestati dalla Polizia di Stato, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, perché gravemente indiziati dei delitti di usura e del delitto di estorsione. Un debito iniziale di 160 mila euro è arrivato in poco tempo a 1 milione e 4 mila euro, 221% il tasso praticato.
L’usura
Dovendo estinguere un debito con un tasso di usura finale del 221% – da un prestito di 160 mila euro si è arrivati a più di un milione di euro – è stato portato alla rovina un commerciante dell’Appia.
La vicenda è emersa all’inizio del 2021: durante il normale controllo del territorio, i poliziotti di una pattuglia del commissariato Appio, chiamata per sedare una “banale” lite, hanno intuito che il nervosismo di un commerciante potesse avere ragioni più profonde di quelle palesate agli stessi agenti. I primi tentativi di rompere il muro del silenzio, che la stessa vittima aveva alzato, sono stati vani, ma gli investigatori dopo giorno si sono conquistati la fiducia del commerciante che, dopo qualche mese, ha deciso di collaborare.
In un dettagliato racconto l’uomo ha così ricostruito la storia: alla fine del 2018 è stato avvicinato da un presunto broker che gli ha prospettato un investimento in borsa dal sicuro guadagno. La vittima ha così “investito” circa 90 mila euro, soldi che, non giro di poco tempo, sono svaniti. A quel punto lo stesso broker ha proposto un ulteriore investimento, questa volta da 160 mila euro, per rientrare anche dei soldi iniziali. Il commerciante, proprio in quei giorni, aveva conosciuto C.D. , 37enne romano, che gli ha prestato i 160 mila euro dando così di fatto inizio al calvario. Il presunto broker, subito dopo aver incassato i soldi è sparito.
Protagonisti, oltre a C.D. , anche la madre C.F., 68 romana e Z.E. , 27enne romana fidanzata di C.D. ; le prime richieste di denaro sono arrivate con la c.d. tecnica della “lagnazione”: gli usurai, con frequenza sempre maggiore, andavano al negozio del malcapitato lamentando di essere loro stessi in gravi difficoltà economiche; esaurita l’efficacia di tale metodo, il terzetto è passato alla minacce vere e proprie del tipo “..ammazziamo te e il cane” e “..ve mando a dormi alla stazione Tuscolana”. Oltre alle classiche promesse di ritorsioni fisiche i tre hanno minacciato la vittima dicendogli che se non pagava sarebbero andati a “via Botero” (sede del commissariato Appio ndr) a denunciarlo per molestie sessuali, mai avvenute. Nell’ultimissima fase, invece, è entrato in azione un ulteriore soggetto, sulla cui identità sono tuttora in corso accertamenti, che, aggravando ulteriormente le minacce, si è presentato come il reale finanziatore iniziale.
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Per cercare di estinguere il debito il commerciante ha dato fondo alle sue risorse e a quelle dei familiari, ha chiuso il negozio, pensando anche di togliersi la vita.
Nel corso delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, venivano effettuate attività tecniche dalle quali emergeva palesemente l’attività di usura a cui era stato assoggettato il commerciante. Così è stata ricostruita anche la filiera dei soldi versati: a fronte di 160 mila euro iniziali, la vittima, in totale, ha versato, tra l’inizio del 2019 e la fine del gennaio 2021, un milione e 4 mila euro. I versamenti per lo più sono stati fatti su conti concorrenti bancari di banche londinesi e cipriote; in alcuni casi questi conti venivano creati ad hoc, ovvero aperti poco prima di ricevere il versamento e poi chiusi subito dopo aver ricevuto e trasferito i soldi. Alcune quote sono state consegnate con assegni e ricariche Postepay.
A seguito dei pregnanti elementi acquisiti nella fase delle indagini la Procura ha chiesto ed ottenuto dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Roma una misura cautelare nei confronti dei 3 indagati, che è stata eseguita questa mattina dagli stessi investigatori del commissariato Appio. L’uomo è stato tradotto in carcere, mentre le due donne, dopo gli accertamenti di rito, sono state poste agli arresti domiciliari.