Cronaca

Ostia, si rifiuta di indossare il burqua e viene malmenata per mesi dalla famiglia, finché il fratello non la manda all’ospedale

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“Sona, il nome è di fantasia per proteggere la privacy della minorenne, si
rifiutava di indossare il burqua perché, come tutte le adolescenti della
sua età, si compiaceva del suo bel visino di giovane donna e mortificarlo
con un tetro velo nero non lo trovava né logico né accettabile. E voleva
innamorarsi di un ragazzo come lei, non di un uomo molto più grande di
età che nemmeno conosceva e che la avrebbe trattata come un oggetto
senza valore.

Per questi motivi, per la sua ostinazione a vivere una vita
normale è stata vessata, insultata, malmenata dai suoi familiari per
mesi, forse addirittura anni, fino a ieri pomeriggio, quando la furia, ancor
più violenta del solito, del fratello maggiore l’ha fatta arrivare
all’ospedale Grassi di Ostia con un trauma cranico a seguito delle
percosse ricevute – afferma Souad Sbai, responsabile nazionale
Dipartimento Lega per l’Integrazione e l’Immigrazione, che si presenterà
parte civile nel processo che ora la magistratura avvierà nei confronti dei
familiari della ragazza.

Sbai è paladina dei diritti delle donne straniere che subiscono violenze e
abusi, infatti, come presidente dell’Associazione Donne Marocchine in
Italia, sono anni che si batte contro i fanatismi islamici e ha già salvato
numerose persone da maltrattamenti e lesioni personali.
“Lega in Senato sta elaborando una proposta di legge apposita contro i
matrimoni imposti dalle famiglie di origine alle proprie figlie, spesso poco
più che bambine – continua Sbai – occorrono centri di accoglienza
adeguati a garantire l’incolumità e la ripresa psicologica delle vittime e,
soprattutto, voglio che le straniere abbiano il duplicato dei loro
documenti. Questo passaggio è fondamentale, perché la donna
maltrattata che prende coraggio e decide di scappare dalla famiglia,
spesso soccombe fatalmente ad angherie letali proprio perché torna a
casa per prendere il passaporto.

Il centrodestra – conclude Souad Sbai –
ha già fatto la legge contro l’abominevole pratica dell’infibulazione alle
bambine, adesso è il momento di avere una normativa che faccia
rispettare agli stranieri i principi fondanti della nostra Costituzione e della
nostra democrazia: il rispetto della donna è sacro e nessun fanatismo
che lo eluda deve essere più tollerato in Italia”.

Esprimo la solidarietà alla giovane che è stata visitata e medicata in ‘Codice Rosa’ al pronto soccorso dell’ospedale Grassi di Ostia. La priorità ora è quella di garantire la sicurezza e la serenità psico-fisica alla ragazza. Gli atti di violenza alle donne sono sempre odiosi e in questo caso ancora più grave è voler imporre con la forza precetti religiosi. Non ci può essere spazio per questa violenza e abbiamo garantito tutto il supporto del Servizio sanitario regionale verso questa adolescente che ha avuto il coraggio di denunciare e non può essere lasciata sola”.

Lo dichiara l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.