Le carte da gioco, probabilmente importate dalla Spagna (ma si è nella sfera delle ipotesi) rappresentano ancora attualmente uno dei passatempi più utilizzati in tutto il mondo, penisola italiana inclusa. Il centro Italia, almeno ad oggi, non annovera regioni in cui la tradizione legata al mondo delle carte è particolarmente forte, soprattutto in relazione ai ben noti mazzi che, invece, costituiscono un punto saldo di altre regioni, sparse al nord e al sud della penisola. Il discorso è diverso se si tiene conto del “Romano”, un tipico mazzo di carte canonizzato dagli stessi romani durante il Cinquecento e poi nel Seicento. Il fatto che questo mazzo sia stato oscurato in notorietà dalle carte piacentine o dalle napoletane, non mette in ombra un gioco che si è tramandato fino ai nostri giorni: Zecchinetta.
Zecchinetta, simile sotto alcuni aspetti al poker, è considerato un gioco d’azzardo. Particolarmente sociale, viene associato al più famoso e citato poker perché entrambi hanno in comune una dinamica per la quale le carte devono essere scoperte sul tavolo. La differenza, anche in questa somiglianza, è che nel poker i giocatori hanno in mano anche delle carte coperte, cosa che invece non succede nel gioco tipico del centro Italia. Anticamente, per giocare a questo gioco, venivano usati ben 3 mazzi di carte francesi, dai quali si eliminavano i jolly e le carte con valore dal 2 al 6. Al giorno d’oggi, invece, basta utilizzare un mazzo tradizionale di quaranta carte.
Più famoso della Zecchinetta, complici anche le varianti sia a livello nazionale che internazionale, è Sette e mezzo. Lo scopo di questo gioco, dai tratti tipicamente sbarazzini, è quello di ottenere sette punti e mezzo contro il banco e per farlo bisogna ricordare i valori da attribuire alle carte: le figure (donna, cavallo e re) valgono mezzo punto. Diverso è il discorso per le figure dei semi di denari poiché il valore di queste ultime viene deciso dal giocatore stesso. Per giocare a Sette e mezzo si può utilizzare un tradizionale mazzo di carte regionale o le francesi, dalle quali, però, ne andrebbero tolte alcune tra cui gli 8, i 9, i 10 e i due jolly.
I giochi di carte si sono diffusi a macchia d’olio sia nel Bel paese che nel resto del mondo: regole e caratteristiche del poker italiano travalicano i confini nazionali per divenire un passatempo anche ben al di fuori dei confini nazionali. Ritornando però all’interno della penisola italiana, l’origine delle carte (o sarebbe meglio dire la loro importazione) non è così antica. La prima traccia risale alla metà del XIV secolo, con una loro attestazione a Firenze, nel 1377, in occasione di un provvedimento pubblico che andava a limitare il gioco. Ciò significa, con tutta probabilità, che i mazzi circolavano già da diverso periodo all’interno delle varie cittadine, ma al momento non sono ancora state scoperte attestazioni antecedenti. Le carte regionali italiani potrebbero, ad oggi, suddivise in quattro grandi gruppi: le settentrionali, le spagnole, le francesi e le tedesche. Le spagnole sono quelle più diffuse visto che comprendono mazzi del calibro delle piacentine, delle napoletane, delle siciliane e delle più recenti abruzzesi. Poca fortuna ebbero le romane, non più commercializzate visto il poco successo riscontrato. Un vero peccato, vista la peculiarità delle figure: legionari, centurioni ed imperatori.