A seguito di una violentissima rissa avvenuta nella notte tra il 5 e 6 agosto all’interno di un noto locale di Cassino, il Questore della provincia di Frosinone Domenico Condello ha voluto dare un chiaro segnale su cosa deve intendersi quando si parla di tolleranza zero. La proposta di adozione del provvedimento ex articolo 100 del TULPS nei confronti del titolare del locale di Cassino ha seguito un iter accelerato, proprio in visione delle imminenti giornate festive di ferragosto, al fine di evitare che il locale possa, ancora una volta, essere teatro di gravi episodi di violenza che mettono in serio pericolo la pubblica incolumità.
I dettagli
Quindi, dopo una veloce ma accurata istruttoria, svolta congiuntamente dalla Divisione Amministrativa della Questura e dal Commissariato di PS di Cassino, è stata disposta, con decreto del Questore, la sospensione per 20 giorni dell’autorizzazione per somministrazione di alimenti e bevande al titolare di un noto esercizio pubblico di Cassino.
A motivare il provvedimento sono stati diversi elementi emersi durante la fase istruttoria: è stato infatti accertato che non era la prima volta che all’interno del bar si verificava una rissa, dato che già nel mese di ottobre 2022 c’era stato un altro episodio degenerato in un violento scontro tra quattro soggetti, evento che veniva portato alla luce anche a seguito della diffusione di un video sui social di quanto avvenuto.
Non solo, ad inizio luglio 2023 sull’App “YouPol” era giunta una segnalazione che denunciava un fatto allarmante: a seguito dell’eccessivo consumo di alcool somministrato all’interno del locale in questione, una minore degli anni 14 aveva accusato un malore tanto da dover ricorrere alle cure mediche presso l’ospedale cittadino.
L’ultimo episodio è stato videoregistrato da un avventore e il filmato poi è stato postato in rete, così da permettere alla Polizia di Stato di venirne a conoscenza, determinando l’adozione con carattere d’urgenza dell’odierno provvedimento, data la gravità delle condotte poste in essere dai protagonisti della zuffa e dal momento che il titolare del locale, presente ai fatti come emerge proprio dalla visione del filmato, né aveva provveduto a chiamare le forze dell’ordine per porre fine alla rissa, né si era preoccupato di denunciare quanto avvenuto all’interno del suo locale.
A seguito dei fatti, tra l’altro, alcuni dei soggetti che hanno preso parte alla rissa sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere, con prognosi anche di diversi giorni per fratture ossee.
Per tutti questi motivi il provvedimento è stato immediatamente reso esecutivo, in vista anche delle imminenti festività ferragostane, che porteranno in strada e nei locali un maggior numero di persone, situazione che avrebbe potuto dar vita a nuove tensioni, essendo verosimile che i protagonisti dei fatti per cui si è proceduto possano rincontrarsi e affrontarsi nuovamente, mettendo in grave pericolo la sicurezza dei cittadini.
La misura cautelare della sospensione dell’esercizio pubblico ha anche lo scopo di dissuadere i soggetti ritenuti pericolosi, che vengono di un luogo di abituale aggregazione, e di avvertirli che la loro presenza nei luoghi in cui si svolge la movida è oggetto di attenzione e di intervento da parte delle autorità preposte.
Va ribadito che il diritto a svolgere l’attività commerciale può legittimamente subire limitazioni nel bilanciamento degli interessi ove entri in conflitto con il bene primario della sicurezza della collettività e soprattutto quando da parte dei titolari delle licenze non vi è nessun tipo di precauzione nel prevenire situazioni di rischio, che opportunamente e tempestivamente segnalate alle forze dell’ordine ne permettono l’immediato intervento e la prevenzione di episodi che possano turbare la tranquillità pubblica.
Il decreto è un chiaro segnale che il rispetto delle regole rappresenta l’obiettivo principale da perseguire anche nel contesto movida.
Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.