Dopo aver scontato una pena di un anno e mezzo, l’uomo è tornato a perseguitare la donna che aveva precedentemente subito le sue violenze. Una nuova denuncia ha portato la procura a chiedere il rinvio a giudizio, e il giudice per le udienze preliminari di Roma, nella fase iniziale del processo, ha disposto una perizia psichiatrica per analizzare la salute mentale dell’accusato.
Secondo quanto riportato da Roma Today, la vicenda ha avuto origine quando l’uomo, allontanato dal suo posto di lavoro presso un ristorante di Roma a causa del suo comportamento scorretto, ha iniziato una campagna di persecuzione nei confronti della titolare. La donna ha subito il bombardamento di centinaia di messaggi e foto, culminando in un atto di estrema violenza: l’uomo avrebbe scritto sul muro della casa della vittima le iniziali della sua ex datrice di lavoro con il sangue.
Dopo aver scontato una pena di un anno e mezzo, l’uomo è tornato a perseguitare la donna che aveva precedentemente subito le sue violenze. Una nuova denuncia, assistita dal suo avvocato, ha portato la vittima a presentarsi nuovamente dalle forze dell’ordine, rivelando l’incubo continuo dello stalker.
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Dalle indagini sarebbe emerso che tra maggio e luglio scorso, l’uomo avrebbe effettuato innumerevoli chiamate, anche di notte, arrivando a quasi 300 in soli due giorni. Inquietante è il fatto che le molestie persistevano anche se la donna non rispondeva alle chiamate. Questi fatti sono emersi durante gli accertamenti, che hanno spinto la procura di Roma a chiedere il processo.
Il giudice per le udienze preliminari di Roma, nella fase iniziale del processo, ha disposto una perizia psichiatrica per analizzare la salute mentale dell’accusato. Si dovrà ora attendere l’esito di tale perizia per valutare la capacità di intendere e volere, la possibilità di stare in giudizio e la pericolosità sociale dell’uomo.
Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.
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