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Investire o non investire, ecco i rischi per il risparmiatore

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Investire o non investire, ecco i rischi per il risparmiatore

La situazione economica nazionale e internazionale è sempre in bilico, e non consente ai risparmiatori di fare calcoli e progetti a lungo termine. Chi ha accumulato fondi più o meno importanti negli ultimi anni, si trova spesso a fronteggiare dubbi “esistenziali”. La domanda più frequente è sempre la stessa: investire o non investire. Le somme sono uno scoglio relativo, in quanto i prodotti finanziari presenti sul mercato assicurano buoni risultati anche a fronte di investimenti risicati. D’altro canto, è sempre meglio pensare ad un investimento, anche attraverso l’ausilio delle tecnologie che consentono di monitorare al meglio l’andamento garantendo trasparenza e un abbassamento dei costi. Gli esperti del settore finanziario, infatti, hanno evidenziato la pletora di rischi e di nemici che rendono meno sereni i progetti dei risparmiatori italiani. L’incubo principale che è balzato agli onori della cronaca proprio negli ultimi anni è il bail-in, pratica che colpisce in caso di fallimento della banca, ma altrettanto frequentemente l’Agenzia delle Entrate si rivale sulle tasse arretrate non saldati pignorando i conti correnti. Ma quali sono i rischi più importanti per gli italiani che vogliono investire una parte della propria busta paga, piccole quote della pensione o una liquidazione? Scopriamoli insieme.

 

C’era una volta uno Stato presente in caso di crisi degli istituti bancari, che interveniva a tutela dei cittadini attingendo ad un apposito fondo pubblico. Ora, lo scenario è cambiato, in quanto è l’istituto che deve ripianare i propri debiti, senza poter attendere l’aiuto dei Governi. Chi ne risente in primis sono tutti coloro che hanno rapporti economici con la banca, a partire da azionisti, investitori e obbligazionisti, fino agli investitori. Ogni istituto può infatti “proteggere” cifre irrisorie, e in caso di emergenza non può far altro che attingere da quanto accumulato da chi in precedenza si era fidato dello stesso istituto. Per evitare spiacevoli sorprese, è fondamentale leggere ogni clausola prima di stipulare un contratto con qualsiasi banca, e cercare di non oltrepassare i 100.000 euro depositati.

 

Questo è sicuramente uno dei temi più sentiti e dibattuti. La recessione economica attuale aveva messo in secondo piano questo fenomeno, ma è noto a tutti i risparmiatori che a causa dell’inflazione anno dopo anno si perdono piccole parti di patrimonio e di valore d’acquisto. In questo caso, gli interessi bancari non garantiscono l’annullamento degli effetti dell’inflazione, ed è per questo che salgono di mese in mese gli italiani che preferiscono “buttarsi” in forme di investimento non così rischiose sfruttando i robo-advisor. “Queste nuove tipologie di investimento rappresentano una frontiera sicura, a dispetto di quanto comunemente si ritiene che, riducendo i costi di qualsiasi attività, minimizzando la burocrazia e sfruttando le più moderne tecnologie, permette di massimizzare il profitto del proprio portafoglio”, si legge su una guida proposta da Moneyfarm su “Come investire 5000 Euro.

 

L’azione dello Stato per rivalersi delle tasse non esatte è stata in passato al centro delle discussioni, in quanto l’Agenzia delle Entrate può procedere senza attendere gli ordini del tribunale. La procedura parte con il 61esimo giorno dal ricevimento della cartella esattoriale, con contestuale avviso inoltrato sia alla banca che al debitore: qualora quanto non dovuto non sia estinto, ogni fondo presente sul conto corrente e tutti quelli successivi fino al risarcimento totale dell’evaso sarà versato nelle casse dello Stato. Meno rigido è il pignoramento nei confronti di lavoratori dipendenti e pensionati, che dovranno fare i conti con l’Agenzia delle Entrate solo se il saldo supera quota 1345,56 euro, mentre per le mensilità successive, il pignoramento oscilla tra un decimo e un quinto dello stipendio a seconda della retribuzione. Per legge è anche vietato procedere al pignoramento dell’ultimo accredito, per evitare che il contribuente si ritrovi da un giorno all’altro senza liquidità.

Il caso della Grecia è ormai conosciuto in tutto il mondo, ma forse in molti non ricordano la tassa patrimoniale varata dal governo Amato nel 1992. Una misura resa necessaria dalla crisi economica: a prescindere dalla sensibilità dello Stato nell’avvisare i propri cittadini, si tratta di un rischio veramente importante per i contribuenti.