L’aumento nel consumo di droghe e dei conseguenti delitti correlati agli stupefacenti è un dato ormai consolidato nel panorama nazionale ed evidente nel territorio della Capitale.
Come si può notare dai dati statistici elaborati annualmente dal Ministero dell’Interno nel 2016 con 4030 operazioni antidroga, 5408 persone segnalate all’autorità giudiziaria (di cui 1123 nella fascia d’età tra 20 e 24) ed un trend in costante crescita il Lazio con la Capitale si classifica al vertice delle regioni italiane in relazione ai delitti in materia di stupefacenti. Anche per questo, sono sempre di più le persone che si rivolgono a specialisti per evitare di incorrere in pene severe.
A livello nazionale, nel 2016, nonostante una leggera flessione dei volumi totali rispetto all’anno precedente (-14,86%), sono stati registrati incrementi nei sequestri di cocaina (+16,12%), marijuana (+347,15%), piante di cannabis (+233,65%) e di droghe sintetiche in polvere (+25,43%). Sono risultati, invece, in diminuzione i sequestri di eroina (-35,50%) e hashish (-64,81%). Su un totale di 32.992 informative di reato, 2.132 hanno riguardato il reato associativo ai sensi dell’art. 74 del T.U. 309/90, un numero che ben riflette l’impegno operativo e l’attenzione degli organi investigativi nei confronti della Criminalità Organizzata.
In attesa della relazione del Ministero dell’Interno per l’anno 2017, analizziamo la legislazione penale in materia di stupefacenti.
Cosa dice la legislazione penale?
L’articolo 73 del D.P.R./1990 sanziona la coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione, vendita, offerta, messa in vendita, cessione, ricezione, procurare ad altri, distribuzione, commercio, trasporto, invio, passaggio, spedizione in transito, consegna, detenzione di sostanze stupefacenti.
Il quinto comma dell’articolo 73 è stato oggetto di riforma ad opera della legge 79/2014. La ratio della norma è ravvisata nell’esigenza di temperare il rigore sanzionatorio cui sono soggette le condotte indicate in relazione a fatti connotati da una ridotta dimensione offensiva, così delineando una via di mezzo tra le situazioni di cui agli artt. 75 e 76 sanzionate in via amministrativa e quelle di cui all’art. 73 sanzionate come delitti. Il nuovo quinto comma è esteso indistintamente tanto alle condotte aventi ad oggetto le droghe leggere, tanto a quelle aventi ad oggetto le droghe pesanti.
La legge 79/2014 ha altresì ripristinato il comma quinto-bis dell’art. 73[1] determinando la possibilità di sostituire le pene detentive e pecuniarie per i delitti di cui all’art. 73, comma quinto con la pena del lavoro di pubblica utilità, esteso – ai sensi del successivo comma quinto ter – anche al tossicodipendente o assuntore abituale condannato per la prima volta a pena detentiva non superiore ad un anno per un reato diverso da quelli di cui al comma quinto.
La legge 79/2014 ha riformulato l’art. 75 prevedendo la finalità dell’uso personale come presupposto per l’applicazione delle sole sanzioni amministrative in luogo di quelle penali.
E per uso personale?
Si pone il problema di stabilire se la condotta di chi coltivi sostanze stupefacenti per uso esclusivamente personale rivesta o meno carattere di illiceità penale.
Sulla questione si registravano contrastanti pronunce; la coltivazione era da ritenere punibile in ogni caso[2], andava valorizzata la distinzione tra coltivazione in senso “tecnico-agrario” e coltivazione “domestica”[3], occorreva aver riguardo alla sostanza ricavabile dalla produzione.
In seguito ad alcuni interventi della Corte Costituzionale veniva disattesa l’equiparabilità della c.d. coltivazione domestica alla detenzione per uso personale.
Successivamente, la Cassazione chiarisce che occorre verificare caso per caso l’attitudine concreta a ledere o a mettere in pericolo il bene giuridico tutelato in ossequio al principio di offensività. A fronte della condotta tipica il giudice dovrà valutarne la eventuale inoffensività, potenzialmente dipendente dal “conclamato uso esclusivamente personale” e dalla “minima entità della coltivazione tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l’ampliamento della coltivazione”.
[1] Disposizione originariamente introdotta dal D. L. 272/2005 dichiarata incostituzionale dalla sent. n. 32/2014.
[2] Cass. Pen. n. 871/2008.
[3] Cass. Pen. n. 40362/2008